Scrittura, Workshop

Patto di Complicità

13 settembre 2007 • By

Mi arriva un messaggio di una mia allieva, la talentuosa Sabrina. Mi segnala che la mia profezia si era avverata, e sull’argomento ha scritto un post apposta sul suo blog.
Specifichiamo. Non la definisco talentuosa perché apprende e mette in pratica le mie lezioni, è talentuosa di suo, ha un bel immaginario personale e uno come me le serve solo per organizzarsi le idee. Sì, a volte sono una specie di agenda.
La Profezia di cui sopra si riferisce all’apprendere come funziona una storia, al percepirne i passaggi in modo lucido, ad entrare radicalmente nella matrice nella narrazione.
In poche parole, è un attacco frontale al Patto di Complicità e alla Sospensione dell’Incredulità, e va fatto con calma, in modo lucido, è un lavoro da patologo.
Su questo aspetto ci sto moltissimo, ore e ore di lezione, pagine e pagine sul mio manuale, quello editato ed esaurito e quello che sto scrivendo ora.
La Patologia richiede serietà e studio. Soprattutto richiede rispetto per la storia che si sta analizzando, e che in questo momento si trova nuda, sdraiata su un tavolo d’acciaio lucido.
Capire come funziona, prevederne i passaggi di trama non significa dare un giudizio negativo, prendere per il culo la narrazione, o non godere degli aspetti del genere.
Il problema è appunto questo.
Per smontare il Patto di Complicità e mettere in luce i meccanismi, oltre a seguire le mie lezioni, basta essere dei Giovani Disillusi dall’Arido Cuore Postmoderno, o Qualcuno che ci ha Provato e ha Preso le Palate in Faccia.
Sia i GDACP che il QPPPF possono, in alcuni casi, raggiungere le nostre stesse conclusioni, arrivandoci per strade diverse, ma ad alterare il loro Patto di Complicità non sono l’analisi o lo studio.
Nel primo caso, può essere l’impossibilità cronica di stabilire una corrispondenza di amorosi sensi con il prodotto narrativo che si ha di fronte, film, fumetto, romanzo o telefilm che sia.
Il rapporto è di costante presa per il culo, di perenne superiorità tamarra, dove gli elementi e i passaggi di trama si evidenziano in modo scatologico, senza trarne alcun vantaggio se non quello di sentenziare con gli amichetti: Minchia, che cagata.
L’aspetto della prevedibilità narrativa è applicato ad un livello basilare, e comunque in termini negativi. In poche parole, i GDACP vanno all’aeroporto e si incazzano perché vedono gli aerei che atterrano e decollano come avevano previsto.
In più, c’è la completa assenza di metatesti o di analisi storica. Vedere Psycho con un GDACP può essere un’esperienza spettacolare.
I metatesti, agiscono in modo opposto nel caso dei QPPPF. La storia passa assolutamente in secondo piano, e viene vista attraverso il rosicamento nei confronti dell’ambiente che quella storia ha prodotto. Non è la narrazione in sé, è il non essere riusciti a parteciparci che sgancia il Patto di Complicità e apre la porta ad una serie di giudizi negativi. Non tanto sulla trama, ma sugli autori, la casa editrice, il genere, il fumetto italiano tutto, il mondo cattivo, l’universo avverso.
E poi ci sono i wannabe.
Anche i wannabe smontano agilmente il Patto di Complicità. Così come Van Helsing tiene alla larga Dracula con il crocifisso, il wannabe si tiene lontano dal coinvolgimento usando il santino di Alan Moore. Con tutto il bene che voglio a zio Alan, beninteso.
Ma per quale motivo mi serve sapere come funziona una storia?
E sapere come funziona, mi toglie il piacere che provo mentre la scrivo o quando me ne raccontano una?
Si diverte un meccanico a fare un giro in Ferrari?