Per un maschio trentaseienne, scrittore, facile alle distrazioni, piuttosto goffo nelle cose pratiche, tendenzialmente romantico, non è una cosa facile prendersi cura di una donna trentenne, fortemente emancipata e dal carattere indipendente.
Considerando una grande vittoria il non essere ancora inciampato nel cotechino di gesso di Ladyzilla, tradisco una certa tensione quando la sento zompettare per casa con le stampelle. Tensione che cresce, trattenuta a stento nel mio petto, ogni volta che le mie orecchie sentono l’ordine perentorio: “Lasciami stare, faccio da sola.”
Direi che, tutto sommato, ce la stiamo cavando abbastanza bene.
La casa non è ancora esplosa, con la lavatrice ho un buon rapporto, e fortunella fortunellosa, ieri abbiamo trovato parcheggio proprio sotto lo studio del medico.
Volevo mettere le lucine dell’albero di Natale sul gambotto di Ladyzilla, ora vediamo se riesco a convincerla.
Sto lentamente superando la mia paura per le siringhe. Ogni giorno devo farle un’iniezione di eparina, sotto cute, per evitare coaguli.
Dev’essere una trovata della medicina moderna. Quando anni e anni fa, mi lussai la caviglia sinistra, compromettendo la mia carriera nella Boxe Tailandese, portai il gesso per un mese e una bendatura rigida per due settimane. Allora, non mi prescrissero niente di niente. Al limite, per evitare coaguli, bevevo la grappa.
Oggi invece, ogni giorno, con dei siringhini già pronti, lo Scrinfermiere inietta eparina nella ciccetta della pancetta.
Se dovessi farmele da solo, non ce la farei. Se dovessi farle a qualcuno che non conosco, non sarebbe un problema. Se dovessi farle come tortura, per convincere uno spietato neonazista a rivelare dove ha nascosto la bomba chimica fatta in casa, mi ci divertirei pure.
Il problema è che le devo fare alla donna che amo, e che si traduce in: Ho un fottuta paura fottuta di farle male.
Ma Bruce Willis lo farebbe, e allora anche io.