L’introduzione di una quantità gargantuesca di pizza tonno & cipolle ha fatto abbassare le mie abituali difese mentali. Ho ceduto di fronte a una pubblicità, ho cliccato su un banner, e sono finito sul sito: Per Fiducia. Una banca, dove allo sportello guardi gratis tre cortometraggi.
Perché? Non lo so. Paga Intesa Sanpaolo, e ci sono questi tre registi qui: Massimiliano Camaiti, Alessandro Celli e Pippo Mezzapesa, presentati da Ermanno Olmi, Paolo Sorrentino e Gabriele Salvatores. Tre garanti, come per firmare un mutuo, al fine di dare Fiducia ai giovini virgulti.
Almeno, io l’ho capita così.
Per cui, ci vogliono una banca e tre mostri sacri dell’italico cinema per mettere fuori tre corti. Saranno tre capolavori, mi sono detto. Cerco qualche informazione in giro, ma tutti i siti rimbalzano in modo ottuso quello che gli è stato passato dall’ufficio stampa. Dicono in coro le stesse cose, nello stesso identico modo. Giovani registi di talento, talento, giovani, registi, fiducia, talento ai giovani.
Li guardo tutti e tre.
La Pagella.
Di Alessandro Celli.
Con l’imprescindibile Marco Giallini, Irene Ferri, Andrea Calligari.
Il regista è nato nel 1976, però nel suo film non c’è nessun riferimento, nessun rimando, nessun aspetto formale o narrativo legato alla generazione di cui fa parte.
Una regia antica e senza tempo, scollegata dal presente. Campi e controcampi, inquadrature in bolla, luci televisive, come nella migliore tradizione del cinema italiano da sovvenzione.
Non ho idea di quanto duri il corto, la durata percepita è di almeno un paio di settimane. Si parla. Si parla un sacco senza mostrare niente. Poi si arriva al finale con sorpresina Kinder, e non è nemmeno una Tartallegra da collezione.
L’Ape e il Vento.
Di Massimiliano Camaiti.
Con Philippe Leroy e il ragazzo normale Elio Germano.
Un piccolo accenno di movimento di regia, ripetuto due volte, e un ape fornita dallo studio di effetti speciali del cugino messicano di George Lucas.
Per contratto, qualcuno dell’ufficio stampa viene a casa tua e ti spiega il soggetto. Rimane il fatto che guardando bene la scena dell’uscita di strada, bastava fare un pezzo di retro e la cosa si risolveva da sola. Fine della questione. Fine del film. Nuovo titolo: Sono uscito di strada, ma per fortuna non è successo niente.
Controlla la glicemia perché l’intenzione del finale poetico ti annegherà in un oceano zuccherino.
L’Altra Metà.
Pippo Mezzapesa.
Con i giganti Piera Degli Esposti e Cosimo Cinieri.
In assoluto il migliore dei tre. Anzi. Il migliore anche per conto suo, senza paragonarlo ai precedenti. C’è quell’amarezza, e al tempo stesso quella grande dignità della commedia all’italiana vera e classica, che parte da Steno e Monicelli e arriva a Virzì.
Ha l’estremo coraggio di finire senza darti di gomito, senza il finalino da manualino del cinemino.
Bello. Mezzapesa è da tenere d’occhio.
Per il resto, tutte le volte che sento la parola cortometraggio, non posso fare a meno di pensare a questo:
E alle tremilalire che Sandy Collora ha speso per farlo, tutto da solo, senza banche e senza banner.