[The names were changed to protect the innocent.
E’ ovvio che i fatti narrati in questa seconda parte sono accaduti molto tempo prima che mettessi sul blogghe il primo post. ]
Se faccio una cazzata vado sempre fino in fondo, indomito, per cui accetto anche l’amicizia Facebook di Lando. Nel frattempo lui mi manda una mail al giorno, più o meno. E su faccialibro mi arriva il messaggio: Lando ti consiglia di diventare fan di Lando.
Ogni volta che ricevo un messaggio di quel tipo, metto il volume al massimo e faccio partire Ornella Vanoni con Tristezza.
(Invece, quando mi taggano su una foto in cui non c’entro un cazzo, scatta un classico degli anni ’80 di cui pochi si ricordano: Faccia da Pirla, del mitico Charlie.)
Passa una settimana. Puntuale come un mostro Aniba che mastica Tokyo, ricevo una telefonata da parte di Lando.
Dopo i convenevoli mi chiede se ho letto le sue cose.
Mento. Gli dico di no. Lui invece mi prende in contropiede e mi dice:
- Io invece sì! Ho letto quel tuo racconto sulla scolopendra… Quello sull’antologia Bugs!
- Ma dai?
- Sissì. Secondo me potevi svilupparlo meglio, è carino… Ma doveva essere più lungo.
- Ehh, cosa vuoi farci… Avevo un limite di battute.
- A proposito… Quanto è costato?
- Quanto è costato che cosa?
- Il racconto! Quanto ti hanno chiesto?
- No bè… Niente! A dire il vero mi hanno pagato loro.
- Impossibile.
- Eppure…
- Aspetta però… Non eri sicuro che ti pubblicassero, vero?
Mi capita spesso di non capire le cose. A volte mi tuffo nel fiume della mia idiozia e faccio una fatica bestia a risalire la corrente verso il senso esatto di ciò che mi viene detto. Non sono un salmone. Per cui devo chiedere.
- In che senso?
- Ma si, quelli ti chiedono un racconto, però se non gli piaceva mica te lo pubblicavano. A me ‘sta cosa sta sul cazzo. Che c’è qualcuno che decide. Io ho mandato i miei romanzi a un sacco di case editrici, e mi hanno sempre sbattuto la porta in faccia. Ma adesso che li ho pubblicati quelli stanno rosicando te lo assicuro! Ma non lo ammetteranno mai, anche se in pratica gli ho dimostrato con i fatti che si sbagliavano…
Immagino una riunione in redazione alla Mondadori. Gente che piange disperata perché si sono lasciati scappare “Senza Sale” e “Notte Buia”. Editor licenziati, fustigati. Redattori che si lanciano giù dalle finestre per il rammarico di non aver opzionato “ Stelle di fango” con la sua orgia di sette puntini di sospensione ogni tre frasi, e i suoi personaggi che rispondono rabbiosamente, pensano velocemente, si abbracciano intensamente e cadono rovinosamente.
Lando, ormai ha preso velocità e continua:
- Non smetterò mai di ringraziare quelli della Casa Editrice Petauro Di Segale… Mi hanno chiesto solo tremila euro per ognuno dei miei romanzi! Ma li hanno pubblicati subito ed esattamente come li ho scritti, senza cambiarmi una virgola!
- Tremila euro per pubblicarti un romanzo sono davvero pochi.
Rispondo.
Ho cambiato la mia opinione a riguardo dell’editoria a pagamento.
Fino a questa telefonata con Lando, ho sempre pensato che se qualcuno chiede dei soldi in cambio della pubblicazione merita delle dissennate torture medioevali con dei ferri arrugginiti.
Fino a questa telefonata con Lando, ho sempre detto ai miei allievi e pupilli che se un giorno qualcuno gli avesse chiesto dei soldi per pubblicare i loro lavori dovevano reagire così:
Colpire l’individuo alla base del naso con una testata dicendogli: Diego Cajelli mi ha detto di farlo.
E’ accettabile lavorare in cambio un oliva e un bottone, se decidi che ne vale la pena.
E’ accettabile lavorare gratis, se è una cosa in cui credi.
E’ da prendere in esame la strada dell’autoproduzione, se hai da parte qualche soldino da spendere.
Pagare per lavorare non riesco nemmeno a figurarmelo come azione ipotetica. Non mi ci vedo gonfio di orgoglio e soddisfazione con in mano un libro che mi sono pagato da solo. Anche se si trattasse di quei subdoli, infami, inchiappettanti giochini di contratto che ti obbligano a comprare una parte della tua stessa tiratura.
Ora però la penso in modo diverso.
- Tremila sono pochi, Lando… A uno come te, io ne avrei chiesti almeno il doppio.
Non l’ho più sentito.
Mi ha anche tolto l’amicizia da Faccialibro.