Houston abbiamo un problema.
Scrivere e Scrivere Fumetti non sono la stessa “cosa”. Il pensiero comune è che per scrivere fumetti sia sufficiente scrivere in modo diverso. L’errore è dovuto al fatto che alla base di entrambe le macchine narrative ci sia un telaio comune.
Eppure, quando gli scrittori “normali” si lanciano nella scrittura dei fumetti, si accorgono subito che la situazione non è così semplice come appariva a prima vista.
Non è soltanto una questione di linguaggi. C’è altro, molto altro.
Il primo elemento da prendere in considerazione è che per scrivere fumetti si devono maneggiare delle immagini dirette e non delle immagini evocative.
Mi spiego meglio: romanzi, racconti, eccetera utilizzano le parole per costruire una serie di immagini nella mente del lettore. Lo stile di scrittura, gli aggettivi, le similitudini e tutto quello che compone la prosa generano una serie di immagini che il lettore visualizza dentro di sè. Il primo problema, quello più facilmente individuabile, è che queste immagini cambiano a seconda del lettore. In ogni lettore vengono evocate delle immagini personali, proprie, dettate dal film che si sta facendo nella testa. Ecco perché a volte, quando vedi al cinema la versione filmica del tuo romanzo preferito ne rimani deluso. Perché non te lo immaginavi così.
Tu ora mi dirai: occhei ma tutto questo c’entra con il leggere, noi qui stavamo parlando di scrivere.
E no.
No perché nella mente dello scrittore la storia si genera nel medesimo modo. Il punto di partenza, le immagini evocative, valgono sia per chi scrive, sia per chi legge. Lo scrittore, che è il primo lettore di se stesso, utilizza quel tipo di richiamo visivo interiore per raccontare e raccontarsi la storia.
Le immagini evocative sono il punto di partenza, la guida e la “voce” dello scrittore mentre scrive.
Che male c’è a usarle?
Hai mai provato a guardare bene bene bene le immagini evocative che ti vengono in mentre pensi/scrivi una storia?
Ci hai fatto caso?
Ti lascio un paio di minuti. Chiudi gli occhi e pensa a “una notte buia e tempestosa”, pensa alla tua storia, al romanzo che stai leggendo, a quel che ti pare.
Guarda bene quelle immagini evocative…. Ecco.
Cazzo. Sono immagini in movimento.
Ecco il problema. La differenza abissale e sostanziale tra scrivere e scrivere fumetti. Per scrivere fumetti non basta imparare un banale linguaggio tecnico, bisogna pensare la storia in modo completamente diverso.
Perchè i fumetti non possono essere scritti attraverso delle immagini in movimento.
Non si lavora più su una serie di immagini in moto che evocano qualcosa nella mente di chi legge, bisogna lavorare su una singola immagine diretta, ferma, immobile, che va inserita in uno spazio preciso chiamato vignetta.
Lo sceneggiatore sceglie. Sceglie l’immagine migliore, l’inquadratura più adatta, la cosa più giusta da mettere in quella vignetta lì, in quel momento lì della storia.
L’insieme di tutte quelle vignette, giustapposte come diceva il Maestro, una accanto all’altra, creerà poi “l’immagine complessiva” della storia che si sta raccontando.
E’ un “macro” raccontato attraverso tanti “micro”. E’ un puzzle che si compone via via, per singoli elementi in relazione l’uno con l’altro.
La scrittura normale è un elefante. Questo elefante viene descritto nel suo insieme, intanto che si muove lentamente verso di noi.
Lo vedi tutto, lo vedi muoversi, attraverso la struttura per immagini dirette.
Lo scoglio più grande da affrontare quando si scrive un fumetto è raccontare una storia attraverso la parcellizzazione degli elementi narrativi per immagini fisse.
Diventa difficile quando, per abitudine, per logiche consolidate, la storia la si immagina in scene in movimento. In sequenze mentali simili a un film che viene proiettato sul grande schermo della propria immaginazione.
Bisogna quindi fare un passo indietro “tecnologico”. Lasciare a casa la cinepresa mentale e immaginare la storia come se fosse raccontata attraverso una serie di fotografie. O di singoli frame.
I frame fondamentali.