Subito al sodo che l’intervallo è durato fin troppo.
Ah, bene, occhei, abbiamo visto i nomi delle inquadrature.
Ho una storia, la ragiono in un certo modo, la trasformo in soggetto e la voglio raccontare in vignette attraverso una scrittura per immagini dirette non in movimento.
I nomi delle inquadrature mi servono per inquadrare l’immagine che voglio mettere dentro la vignetta, seguendo il concetto della vignettizzazione del flusso narrativo.
O dell’elefante.
Scegliendo l’immagine per la vignetta, io compio la mia scelta registica. Scelgo l’inquadratura in base alle esigenze della storia che sto raccontando. La regia di vignetta (lo storytelling, per dirla all’americana) è una componente fondamentale della narrazione fumettosa. Il risultato finale è il frutto di due storytelling, di due regie, quella dello sceneggiatore e quella del disegnatore.
Ma la vignetta non è lì da sola per i cazzi suoi. Ne ha un’altra di fianco e delle altre sotto o delle altre sopra.
E di solito, è lo sceneggiatore che decide la composizione delle vignette.
Scegliere la disposizione delle vignette, è la prima scelta registica che si compio scrivendo.
Premessa Uno: Una cosa alla volta. Oggi affrontiamo la pagina dispari. Con la pagina pari faremo a cazzotti la prossima volta.
Premessa Due: Sì, sto usando come esempio la classica tavola bonelliana. Le composizioni più complesse le studieremo nel master di secondo livello.
Alùra, tavola classica italiana a sei vignette e tre strisce.
Devo tener conto della regia di vignetta, della regia di striscia e della regia globale della tavola.
E’ bene non ripetere mai situazioni o inquadrature, a meno che non sia una precisa scelta legata al racconto. Come si capisce se è una ripetizione o una scelta narrativa?
Si capisce.
Mentre si scrive, decidendo le varie inquadrature, bisogna stare attentissimi alla lettura verticale:
1 e 3
2 e 4
3 e 5
4 e 6
La percezione della tavola scritta, spesso, non tiene conto della sovrapposizione accidentale di inquadrature o situazioni identiche. E’ abbastanza facile avere sotto controllo “il di fianco”, ma è meglio imparare subito a guardare anche “il sopra” e “il sotto”.
Chiaro, non muore nessuno se c’è un PA nella 3 e un PA nella 5, ma è meglio che non ci siano, per una questione di lettura e di dinamicità della tavola.
Le differenze visive tra una vignetta è l’altra possono anche essere minime, ma devono esserci.
Questo implica la capacità di muoversi all’interno della vignetta. Spesso si parte dal presupposto che ci sia una sorta di cinepresa virtuale a riprendere quello che accade. E la posizione in cui viene messa questa cinepresa virtuale rende diverse anche delle inquadrature simili.
Il famigerato PA di cui si parla prima, può essere “ripreso” dall’alto, dal basso, frontale, laterale, di tre quarti, leggermente dall’alto, leggermente dal basso, e così via. Basta dirlo, e avere bene in mente i movimenti che si vogliono dare alla sequenza.
Il ritmo visivo, può essere gestito con questo schema.
Partiamo dal presupposto che A sia sempre differente da B e viceversa.
La differenza può essere nel tipo di inquadratura, nel punto di vista, e anche nel soggetto che viene inquadrato. La gestione alternata degli elementi impedisce ripetizioni e sovrapposizioni. In più, per esempio, aiuta a rendere dinamico un dialogo, se A e B sono due personaggi.
Determina il montaggio incrociato se A e B sono due situazioni.
Può essere utile nelle scene di azione se A è azione e B è reazione.
Nella gestione dinamica della regia di tavola, un grosso aiuto arriva dalle vignette lunghe.
Quella qui sopra è una tavola:
1/2
3.4.
5.6.
Sposti o replichi la vignetta lunga e hai le possibili varianti:
1.2.
3/4
5.6.
1.2.
3.4.
5/6.
1/2
3.4.
5/6
1/2
3/4
5.6.
1.2.
3/4
5/6
1/2
3/4
5/6
(Ci sono tutte?)
La vignetta doppia risolve al volo il problema delle sovrapposizioni accidentali. Almeno in teoria. Poi se fai un PP gigante nella 3/4 dopo averne fatto uno nella 2, è un problema tuo.
La vignetta doppia è bella, è grande, dentro ci stanno un sacco di cose, e allarga la lettura della tavola.
E’ utilissima per rendere chiare le cose, per far capire le posizioni dei personaggi e il dove ci troviamo.
Nei cambi di sequenza, in cui cambia il teatro degli eventi è sempre bene cominciare con un doppia (lontano) per poi stringere sulle singole (vicino).
Nelle uscite di sequenza, per rendere chiaro che ce ne stiamo andando, è bene partire dalle singole (vicino) e finire con una doppia (lontano)
Azioni e situazioni complesse hanno bisogno di una doppia, per rendere chiara la lettura.
A volte anche di una quadrupla:
Ovvio che può essere anche sotto, e accompagnata da una doppia, eh.
E poi c’è questo:
Tre vignette sulla stessa striscia.
(Spostale per conto tuo per vedere le varianti. Fatto sta che l’applicazione a massimo volume delle tre vignette crea una tavole di nove vignette, occhei?)
Le tre vignette affiancate, oltre a risolvere eventuali problemi di spazi narrativi, sono utili per creare illusioni.
Illusioni de che?
Illusioni di movimento di macchina. Una sorta di zommata cinematografico/fumettosa, un montaggio incrociato serrato…
Il fumetto, con immagini statiche, grazie all’affiancamento di tre (o più) vignette, aumenta la percezione di movimento nel lettore. Per riuscirci, devo scegliere tre inquadrature vicine tra loro, per ampiezza e per tipologia.
E’ un ora che parlo e ho soltanto deciso la forma e la composizione delle vignette. Non ho ancora scelto che cosa metterci dentro e con quale inquadratura.
Mi sa che serviranno un paio di supplementi.
La mia domanda è:
Perché la pagina pari ha bisogno di una lezione a parte tutta per lei?
Invece, per le tue eventuali domande o chiarimenti, usa pure i commenti.