La croce dalle sette pietre.

Se decidi di intraprendere l’avventura di guardare “La croce dalle sette pietre”, ti servirà una volontà d’acciaio per arrivare fino alla fine.
Non illuderti. Ti serve un pantagruelico sforzo anche se sei amante dei film di serie Z.
Durante la visione del film non devi porti nessuna domanda. Svuota la mente. Fa finta di non aver mai visto un film, letto un fumetto o un libro, non hai mai visto un quadro o una fotografia. Non hai mai guardato la televisione, non sei mai stato a teatro. I tuoi non ti hanno mai raccontato una favola quando eri piccolo. Dimenticati concetti come la logica, la plausibilità, il senso. Non guardare alla messa in scena, alla recitazione, al montaggio, alle luci.
Non chiederti niente. Guarda e basta.
Sei di fronte a un film non-film. Dove per non-film intendo un coso-da-guardare del tutto privo di ogni aspetto tecnico, stilistico, narrativo, soggettivo, oggettivo, che trasforma svariati metri di pellicola in quel prodotto comunemente noto come film.
Dato che la realtà è un paradosso, tutti questi elementi trasformano “La croce dalle sette pietre” in un capolavoro assoluto del cinema da guardare e riguardare fino alla fine del mondo.
Il film si apre con un rito satanico, l’intera scena sembra uscita dallo spettacolino serale degli animatori sfigati di un villaggio turistico.
Il mitico Gordon Mitchell evoca un demone, con gestualità e modi da televendita. Il demone arriva, portando una bici con cambio Shimano, una pentola a pressione, tre materassi e l’aggeggio per farsi gli addominali a tartaruga.
Copulando con un umana, si scoprirà poi, darà alla luce il nostro protagonista: Marco, interpretato dallo stesso regista: Marco Antonio Andolfi. Sempre lui firma anche il soggetto, la sceneggiatura, il montaggio, le luci, il catering e il trovarobato.
Marco va a Napoli e gli succedono dei casini.
Uno dei casini più grossi, tanto per dirne uno, è che lì lo aspetta sua cugina. Fanno una sequenza assieme, poi in quelle successive c’è un’altra attrice che interpreta la stessa parte. Marco fa finta di niente.
Il resto del film è riassumibile con: un Lupo Mannaro contro la camorra.
Dei mariuoli napoletani scippano il protagonista della sua collanina. Il ciondolo, la fantomatica Croce dalle sette pietre, è l’amuleto che impedisce al suddetto di trasformarsi, ogni notte, in una specie di licantropo.
Marco, lupizzato, si mette a cercare il suo amuleto sfidando la camorra, i mariuoli, i boss, gli annessi e connessi.
Ecco. Più che un lupo sembra un orsetto del cuore con un paio di mutande di pelo, ma tantè.
Tecnicamente quell’amuleto non proteggeva lui dal male, proteggeva noi dal male, cioè lui.
Una sorta di incanto di protezione al contrario, come l’armatura del Fante di Cuori.
L’idea c’è, è forte, con i dovuti accorgimenti funzionerebbe.
Va raccontata nel modo giusto, usando lo stile narrativo adatto. L’idea c’è eccome: sovrannaturale, malavita, vendetta, sesso. Si può fare!
Andolfi invece manda tutto in vacca al minuto zero. Raramente ho visto di peggio. Stravince anche su “Gungala, la vergine della giungla”. Devo per forza aprire una parentesi.
Gungala è un film di genere Jungle Girl. L’intero genere è un pretesto per vedere le grazie di una donna Tarzan in bikini di pelle di leopardo. Nello specifico, Gungala è girato nella foresta africana di un parco qualsiasi di Roma. I tremendi guerrieri africani sono comparse raccattate sul raccordo anulare. Prima di girare li hanno pitturati di nero, e gli hanno messo un costumino di pelo. Armati di lance di gomma, attaccano l’eroe e quello gli spara. I guerrieri pittati di nero cadono come mosche. Poi c’è un momento di dialogo in mezzo ai cadaveri. Uno dei morti si accorge di avere l’orologio al polso. Allora si copre il polso della sinistra con la mano destra. Il tutto, ovviamente in scena.
Comunque sia, confrontato a “La croce dalle sette pietre”, “Gungala, la vergine della giungla” è un capolavoro di Kubrick.
Ma il punto non è questo. Il punto è che “La croce dalle sette pietre” dimostra quanto vale una buona idea.
Zero.
Una buona idea vale zero, se non si hanno gli strumenti e le capacità per realizzarla.

La croce dalle sette pietre
Italia
1987
Regia di Marco Antonio Andolfi
Con: Marco Antonio Andolfi, Annie Belle, Gordon Mitchell, Paolo Fiorino.

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