Sette anime di Muccino, il dottore e il biologo marino.
2 aprile 2013 • By Diego CajelliSarò cortese:
Attenzione.
Spoiler proprio come se non ci fosse un domani.
Se vuoi vedere il film, non leggere oltre questa riga che ti rovino il finale.
Dunque.
Sto cercando di fare pace con il cinema italiano. A volte ci riesco, altre volte no. Problema mio. Poi, di sicuro ho delle tendenze masochistiche, una passione per le orecchie di Will Smith, e una innata predisposizione a concedere chance e simpatia a tutti.
Muccino compreso.
Per cui, l’altra sera, complice una programmazione un po’ loffia, eccoci di fronte a Sette Anime. Mi sentivo colpevole per non aver mai visto nessuno dei suoi film e ho voluto rimediare.
Io non lo faccio apposta. Non è del tutto colpa mia se ho dei problemi a stabilire un patto di complicità ferreo, non è del tutto colpa mia se la mia sospensione dell’incredulità a volte va a farsi un giro. Soprattutto sul finale.
Ci terrei a far presente che il mio patto di complicità e la mia sospensione funzionano alla grande con i B Movie, non ho problemi a seguire e ad accettare le peggio cose nei film più beceri e tamarri della storia. Con Death Race mi sono divertito un casino.
Ho dei problemi quando ti presenti con una produzione superfiga e ti atteggi da superfigo. Allora sì. Allora mi allontano per antipatia, rimanendo freddo e analitico.
Le orecchie di Will Smith e la speranza di vedere Rosario Dawson ignuda mi hanno fatto vedere il film fino alla fine. Bello. Bravi. Ammericano.
Anni fa, leggendo una recensione di Il mio grosso grasso matrimonio greco, ho trovato una frase illuminante: il film è stato un successo perché non tutti ridono con i film di Woody Allen.
Muccino in versione states è la stessa cosa. Se l’unico film che hai visto in vita tua è Treciento, è chiaro che la regia muccinesca è una roba che manco Kubrick.
Dipende tutto da dove parti, non da dove arrivi e con che macchina ci vai.
Per cui bravo. Facciamo vedere un po’ di non-linearità e di lentezza a quelli che si sono dimenticati tutto quello che hanno fatto dagli anni ’60 fino al 1985.
Va bene.
Però ci sono delle cose difficili da accettare, su un impianto narrativo realistico, con una produzione come quella. Possibile che nessuno gli abbia detto niente?
Possibile che nessuno abbia alzato il telefono dicendo:
- “Signori, sullo script ci sono dei problemi a livello medico e zoologico. Risolveteli o ci facciamo la figura dei cioccolatai.”
Partiamo da quelli medici.
Io, che sono l’ultimo scrittorucolo del pianeta, non lavoro a Hollywood e non muovo milioni di dollari, se devo scrivere qualcosa di medico, chiedo aiuto.
A chi? A un dottore.
Così, vedendo il finale di Sette Anime, ho cercato risposte alle mie domande.
Nello specifico ho chiesto al Dottor Claudio Falco. (Ho giocato “in casa”, visto che oltre a lavorare in ospedale è anche mio collega su Dampyr.)
Gli ho fatto una domanda semplice:
- “Il cuore di un uomo morto per arresto cardiaco, in seguito ad un avvelenamento causato da veleno/tossine animali, può essere trapiantato?”
La sua risposta è stata altrettanto semplice:
- “No. A prescindere dalla presenza del veleno, gli organi per un trapianto, ad eccezione delle cornee e dell’osso, possono essere espiantati solo da un soggetto in cui non ci sia più attività cerebrale, ma nel quale il cuore batta ancora (in pratica, in coma irreversibile), altrimenti i tessuti risultano alterati.”
Per cui, è possibile trapiantare il cuore di uno colpito dal veleno di una cubomedusa, a patto che non ci sia attività celebrale.
Nel film si vede, si vede che Will Smith è in coma quando gli vengono espiantati gli organi. E qui arrivano i problemi zoologici.
Ho parlato con un biologo marino. (di nuovo, ho giocato in casa, mio padre è un fotografo subacqueo) Il veleno della cubomedusa, iniettato nell’organismo attraverso le nematocisti, provoca arresto polmonare e cardiaco in meno di mezz’ora.
Ferma.
Il.
Cuore.
Per cui, cuore fermo e trapianto un paio di palle.
Una singola cubomedusa ha veleno sufficiente per uccidere 50 persone in mare aperto, mettila in una vasca da bagno con te dentro e fai tu le proporzioni.
La domanda al dottore era specifica, sull’arresto cardiaco, perché la morte da cubomedusa avviene per quel motivo lì.
Willy non è morto, l’hanno preso quasi in tempo, va bene.
Arrivano a ruota altri due problemi.
Uno: c’è un antidoto al veleno della cubomedusa.
Se i paramedici arrivano con Willy ancora in vita, e hanno tutto il tempo di portarlo in ospedale ed espiantare il suo cuore prima che il veleno fermi il suo cuore, perché non gli iniettano l’antidoto e gli salvano la vita?
Due: il biologo marino mi dice che le meduse sono organismi molto sensibili alla variazione di temperatura dell’acqua. Basta una differenza repentina di un paio di gradi per ucciderle. Diciamo che una medusa sguazza felice dai 13 gradi in su.
La cubomedusa di Willy se ne stava tranquilla in un secchio pieno d’acqua a temperatura ambiente, poi viene rovesciata in una vasca piena di acqua e ghiaccio.
La povera bestia sarebbe morta all’istante.
Subito.
Meno male che, a conti fatti, Rosario Dawson è bellissima anche con i vestiti addosso.