Per recherche intendo proprio: À la recherche du temps perdu, il capolavorissimo di Marcel Proust.
Metto le mani avanti. Non l’ho letto. Fa parte della vagonata di libri che non ho letto quando dovevo, perché ero impegnato a impennare con il Fantic.
Per Bauhaus intendo proprio: Staatliches Bauhaus, il movimento culturale germano che tanto ha dato al design, all’arte e alla cultura europea.
Questo post però non riguarda nello specifico quel libro, e non ci sono neanche delle riflessioni sulla storia dell’arte. (Scusami, mi metto in ginocchio e ti chiedo scusa, per essere veramente stra-cool avrei dovuto scrivere appunti e non riflessioni. Ormai è tardi, è andata così.)
È che mi piace ascoltare le persone. Mi piacciono i linguaggi, mi appassionano i modi con cui vengono espressi i concetti. Seguo i percorsi dei modi di dire, studio le origini delle frasi fatte e sono un collezionista di espressioni idiomatiche.
Mi piace ascoltare gli esseri umani e di conseguenza, nell’hypersocial-verso, mi piace anche leggerli. Status, tweet, opinioni, pensieri e osservazioni varie lanciate nella rete.
Nel linguaggio comune, verbale o internettoso, nel modo di parlare e di porsi, la recherche e Bauhaus ricoprono un ruolo fondamentale al di là del loro essere un libro e un movimento culturale. E io, come collezionista di parole, ci vado pazzo.
Nel mio ambiente, nei mondi che tangenzialmente attraverso, e più in generale se hai fatto il liceo artistico o l’istituto d’arte, Bauhaus assume un significato temporale. Diventa un’unità di misura del tempo.
È un po’ come il ballo delle debuttanti, o quel rito tribale dove di attaccano una liana alla caviglia e ti lanciano giù da un albero. Nel mio giro di giri, il tempo si divide in due segmenti: prima di scoprire la parola Bauhaus, e dopo aver scoperto la parola Bauhaus.
A un certo punto succede qualcosa, il tuo insegnante dice Bauhaus, e niente è più come prima. Tutto cambia quando si arriva a quel capitolo sul bigino della storia del design ‘900.
Poi, in genere, della Bauhaus te ne dimentichi attorno ai trent’anni, e comunque anche nel periodo di massima fioritura, è una parola-feticcio, da usare come proiettore del sé.
Non è conoscenza, è una sorta di dichiarazione di appartenenza.
- Ah, la Bauhaus!
- Però, la Bauhaus!
In più, con un fantastico cortocircuito multiversale, Bauhaus è anche una band. Movimento culturale più band, creano una favoloso effetto di continuità, delimitando il territorio e l’area di appartenenza.
C’è una progressione, quasi una combo da incontro di arti marziali miste: Bauhaus, Joy Division, Einstürzende Neubauten.
E il loro cazzo di logo.
Questo:
Anni fa era l’equivalente di Hello Kitty per chi si vestiva di nero. Oggi meno.
Allo stesso modo la recherche si trasforma da romanzo a concetto e da concetto a parola.
Diventando parola, non ha bisogno di essere supportata dalla lettura del libro, può essere usata come modo di dire puro.
Scenario:
Stai parlando con qualcuno, live o in rete, di un libro, di un film o di un fumetto che hai letto. Ne parli bene, magari con competenza, ne fai un’analisi, spieghi i motivi per cui ti è piaciuto.
Il tuo interlocutore reagisce in modo negativo, magari senza averlo letto o visto, e poi cala l’asso:
- Andiamo dai, non stiamo mica parlando de la recherche!
L’unica risposta possibile sarebbe una testata sul setto nasale. Ma invece no. Si cerca comunque il dialogo.
Si tenta di spiegare, a un intellettualissimo citante Proust, che tra la recherche e una qualsiasi opera di intrattenimento ci sono delle differenze. Nella migliore delle ipotesi si tratta di un opera scritta in un paio di mesi, lungo cento pagine e non settecentoventordicimila. Il fatto che siano entrambi di carta non significa che siano la stessa cosa.
Ma non ci si riesce. Non si riesce perché quando la recherche diventa un modo di dire e un modo di porsi non ci sono ragionamenti da fare, ma soltanto pose da spararsi.
La massima amplificazione possibile, per la lingua italiana contemporanea credo sia la seguente:
- Senza se e senza ma, non si tratta de la recherche, meditate, gente meditate!
Più di così, senza mettere a palla i Bauhaus, non si può.