Occhio agli spoiler.
Don Draper raggiunge livelli estremi di dondraperosità. In pratica va in ufficio a bere, fumare e dormire. Intanto, giusto per rimanere in supercontinuity, si tromba la mamma dell’infermiera Samantha Taggart di E.R.
Peggy Olson, finalmente, ha smesso di vestirsi cospargendosi di Bostik per poi lanciarsi dentro i cassonetti gialli della raccolta abiti.
Joan assurge al ruolo di dea pagana dell’abbondanza e della letizia. Pete Campbell è così sfigato che se pronunci per tre volte il suo nome ti va a male il latte nel frigo.
I nuovi personaggi hanno più che altro una funzione contenitiva, come la cintura elastica per dimagrire di tre taglie. Tengono tutti a bada Don Draper e i suoi accoliti del cast originale.
Creano nuove vie emotive su personggi con psicologie assodate. Fanno i loro casini, ma sono sempre e soltanto in funzione delle reazioni dei vari character già presenti nella prima stagione.
Ho avvertito un maggiore interesse nei confronti della storia. La Storia quella vera con la S maiuscola. C’è il Vietnam, ed è narrativamente molto presente. Ci sono Martin Luther King e Robert Kennedy. Il tutto è molto curato e ricostruito alla perfezione. Per quanto ne possa capire uno spettatore italiano like me, beninteso.Per uno spettatore italiano, like me, l’effetto è doppiamente straniante. Soprattutto ora, che la serie è arrivata all’inizio degli anni ’70. La morale è che noi eravamo già indietro, e abbiamo splendidamente mantenuto tutta l’arretratezza già in nostro possesso. Anzi, semmai è aumentata.
A parte la mia nota polemica che prima o poi estirperò dal mio carattere…
Onestamente?
Per me Don Draper è insopportabile. Sarà anche un figo spaziale, il meglio del meglio del meglio della maschità uomale. Però mobbasta. Prima o poi troverà uno che gli gonfierà la faccia a suon di schiaffi.
Lo spero. Lo spero per lui e per le donne in generale.
Comunque sia, è notevole come John Hamm sia un figo quando interpreta Draper, e la sua controparte russa in Appunti di un Giovane medico, ma sia sostanzialmente un ciddone nei panni di altri personaggi.
Tipo che l’abito fa il monaco?
Detto questo, la sesta stagione di Mad Men è così tanto Mad Men che non può non piacere a chi ha amato le cinque stagioni precedenti. Hanno lavorato per amplificazione, esasperando quasi tutto, dal design generale, ai costumi, alle situazioni, alla dondraperosità prorompente e deflagrante di Don Draper.
Una cosa mi manca però… La canzone sui titoli di coda, sempre diversa, sempre in tema con quello che accadeva nell’episodio.
Mi ricordo ancora, alcune stagioni fa, quando Don si vede costretto a firmare il contratto, la chiusura fenomenale con Sixteen Tons.