Non so i tuoi, ma i miei sentimenti non stanno mai fermi. Si muovono. Si attorcigliano con le mie menate, le mie istanze, i miei desideri. Si incasinano, girano come trottole in un flusso sempre più difficile da de-cifrare, complicatissimo da de-scrivere.
Parlare di quello che provo, parlare di quello che desidero, è una domanda che mentre la formuli diventa un’altra domanda. Diversa. Una domanda che ti porta da un’altra parte e poi da un’altra parte ancora. E via così. Nel vortice. Nel flusso.
Parigi.
Non sono mai stato a Parigi.
In un certo senso, visto l’effetto che provoca ai sentimenti, e di conseguenza anche al tentativo di narrazione dei medesimi, ho quasi paura di Parigi.
Ecco perché preferisco andare a Londra.
Ecco perché preferisco parlare di fucili a pompa e cibo di merda, piuttosto che provare a dare un’occhiata a quel casino di domande, emozioni, riflessioni, sensazioni, rimpianti, che ballano nel flusso e girano, girano, girano.
Qualcuno, invece lo fa.
E lo fa usando il linguaggio se vuoi più difficile e inadatto per farlo, il fumetto.
Qualcuno invece, lo fa e ci riesce benissimo.
Il fumetto è una bestia strana. Facile da usare solo in apparenza, pronto ad amplificare ogni manierismo e ogni cazzo di artificio retorico quando viene usato male.
Parlare di quel flusso usando il fumetto è così difficile che tutti si sentono in grado di farlo. Paradossale. Sì. Ma è la vita.
Invece, Favia e Bufi con il loro volume riescono a raccontare quel flusso emozionale in costante movimento, senza cadere nel limite retorico della de-cifrazione e della de-scrizione.
È una finestra aperta su qualcosa che accade.
Qualcosa che accade a qualcuno a Parigi.
Il Settimo Splendore è un lavoro complicato e complesso, sorretto da una narrazione estremamente robusta nella sua delicatezza. Labile in apparenza, come i ricordi che il protagonista cerca di esplorare.
Dare un senso e trovare delle risposte certe è impossibile stando all’interno di quel movimento emotivo. Forse puoi sfiorare qualcosa, prima che diventi qualcos’altro. Prima di dimenticare la domanda o la necessità emozionale iniziale.
Il Settimo Splendore è forse la narrazione più aderente e verosimile a quel vortice di sensazioni che abbiamo in testa. Che poi, se riesci a guardarlo bene per un momento, qual flusso lì, difficile da de-cifrare, complicatissimo da de-scrivere, qualcuno lo chiama vita.
Leonardo Favia, Ennio Bufi.
Il Settimo Splendore
Bao Publishing
15 €
Diego, scusa: non sei mai stato a Parigi?
Ok, io negli ultimi vent’anni sono stato a parigi diciotto volte.
Fanno 0,9 volte all’anno, e quelle due in cui gli ho dato buca è stato perché probabilmente non avevo nemmeno i soldi per fare la spesa della settimana al Carrefour sotto casa. Perché in caso contrario, qualsiasi cosa accada, piuttosto non paghi la bolletta della luce e te ne stai un po’ a lume di candela, ma Parigi va vista.
Punto.
Io non ero mai stato a Londra (vergogna: 44 anni e mai una volta a Londra) ma quest’estate ho riparato alla grande, andandoci in moto e beccandomi anche la guida a sinistra e i vari tentativi di fare frontali con le auto di Sua Maestà..
Naturalmente mi è piaciuta un sacco e mi sono chiesto come avevo fatto a vivere tutti questi anni senza mai farci un salto.
Ho rimediato. Per Dio, fallo pure tu, before it’s too late.
Ho sentito amici dire :”Eh, mio caro, Parigi non è più quella di quaranta anni fa…”
Ora, visto che già adesso la considero la più bella città della Via Lattea (insieme a San Francisco), mi chiedo cosa dovesse essere qualche decennio fa.
Dai Diego, chiudi il cerchio. Io so andato a Londra, tu vai a trovare almeno una volta i cugini francesi.