Rece: Nato Sette Volte.

Tito parla di quegli anni lì. Proprio quelli lì. Gli anni senza cellulari, senza internet, senza navigatori, senza social, senza scanner e senza computeroni.
Quegli anni lì, incidentalmente, sono anche gli anni in cui eravamo giovani dalla schiena dritta e facevamo tante cose. Per Tito sono gli ’80, per me sono i ’90, ma alla fine cambia poco.
Negli anni in cui si facevano tante cose, le cose potevano essere davvero parecchie.
Uscivi di casa. In tasca avevi vent’anni e pochi spiccioli, ma facevi comunque delle cose.
Nei miei “quegli anni lì” io facevo cabaret. In “quegli anni lì” del libro c’è una band che suona.
E sogna.
E vive.
E si incasina.
E si sbatte.
E si contrae e si espande.
Band. Musica. Chitarre. Tastiera. Batteria. Basso. Voce. Grupies. Concerti. Manifestini da attaccare. Etichetta che ti contatta. Demo. Quattropiste. Nebbia. Macchina da caricare. Concerto. Scazzi. Fare all’ammore. Birra. Ce la facciamo. Il singolo. Il bootleg. La cassettina. La cover della cassettina. La festa della Birra. Lei. Lui. L’altro. Casini. Vaffanculo. C’eravamo quasi anche se facevamo cagare.
Quante? Quante storie di band tipo questa mi hanno raccontato, e ho in qualche modo vissuto?
Parecchie. Tutti quelli che hanno passato quegli anni lì facendo qualcosa, hanno una storia di una band da raccontarti.
Tito, con Nato Sette Volte si è caricato sulle spalle l’onere e l’onore di raccontarti la storia della sua di band. I Litania.
Lui ci tiene a dire che: “Tutti i fatti e i personaggi di questo romanzo sono inventati. Anche quelli reali”, e ha ragione. Perché tutti i fatti e personaggi del suo romanzo sono fatti e personaggi inventati e raccontati da una realtà immaginifica archetipale comune.
Comune a tutti noi che in quegli anni lì facevamo delle cose.
Ci sei tu, ci sono io, c’è lui. Come direbbe qualcuno nei miei “quegli anni lì” ci sono: Pippo, Pluto, Paperino, Ospedale Militare, questo congedo di merda voi me lo dovete dare.
Il tutto va coniugato in funzione di quello che facevi tu nello specifico, ma il risultato è lo stesso.
E poi c’è quel passaggio in più. Quello che a me fa più male, non so a te.
Perché fino a quando “quegli anni lì” rimangono nel territorio del sogno mescolato all’idealizzazione, va tutto bene. Quando vai a farci i conti di persona, adesso, ti ritrovi in compagnia di alcuni signori di mezza età a bere un bianco parlando di quegli anni là.
Ci sarebbero dei bilanci da fare. Ci sarebbero dei conti da far tornare. Ci sarebbero delle conferme da trovare, bisognerebbe mettere dei puntini sulle i e dei trattini sulle t.
Ma, dato che “Tutti i fatti e i personaggi di questo romanzo sono inventati. Anche quelli reali” se ne vadano affanculo i bilanci e i conti da far tornare.
Sono uno di quegli anni lì imprigionato nel corpo di uno di questi anni qui. E dei bilanci me ne fotto.
Ho una storia da raccontarti.
È questo il mio modo di continuare a fare delle cose.

Tito Faraci
Nato Sette volte
Indiana Editore
9,50 €

 

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