La condanna dell’Italia per i fatti della Diaz durante il G8 del 2001 è soltanto la piccola punta di un iceberg. Nessuna condanna, nessuna sentenza, niente di niente potrà mai ripagare un’intera generazione per quanto è successo in quei giorni.
Nessuna condanna da parte di Strasburgo potrà mai impedirmi di piangere quando ascolto Manu Chao.
Genova. 2001.
Se non c’eri non puoi capire. Se non hai sfiorato, nemmeno per sbaglio, quello che è successo non puoi capire.
Ma, al tempo stesso, il non capire quello che è successo a Genova, ti impedisce di capire da dove è arrivata la merda che hai ingoiato negli anni successivi. O forse no, ma ti va bene così.
Sangue in cambio di bunga bunga.
A quei tempi collaboravo con Radio Popolare. Quindi, ti lascio soltanto immaginare quanto fossi coinvolto.
Pubblico qui un mio pezzo, scritto a caldo, subito dopo la notte della Diaz. La parola che veniva pensata e pronunciata più spesso quella notte era: Golpe. E la plausibilità che accadesse o che stesse accadendo mi agghiaccia ancora oggi. E non era una cazzo di bufala come quelle che vi piace condividere.
Il pezzo è stato pubblicato sul volume: “Ma libera veramente: trent’anni di Radio Popolare : voci, parole e immagini.”
Lo ripropongo con edit minimo.
Venerdì lo passo incredulo di fronte a trecento telegiornali, Radio Popolare in cuffia e una voglia matta di prendere la Panda e scendere a Genova.
Sabato.
Matrimonio.
Quando mio figlio mi chiederà:
- Babbo dov’eri quando c’è stato il G8?
- Pressapoco al secondo figlio mio.
- Addio”
Mi dirà il mio bambino bello.
Matrimonio, praticamente in Svizzera.
Esco alle 8 del mattino, torno alle 10 di sera.
Satollo, incazzato e preoccupato per gli amici in Liguria.
A mezzanotte, quando scoppiano i nuovi casini sto ascoltando in mutande Radio Popolare.
Non resisto.
Mi vesto e vado.
Collaboro con loro da un paio di anni, faccio programmi di satira, conduzioni musicali notturne, poi la radio si è trasferita proprio sotto casa mia… devo andare, e poi comunque non resisto in casa da solo.
In redazione sono in cinque e quaranta telefoni che suonano, uno è dentro la Diaz e dice che gli sbirri stanno entrando spaccando tutto, io tremo e il conduttore on air anche, vedo la mano che appoggia la bottiglia sulla mensola metterci un po’ di più del dovuto.
Il capo redattore mi chiede se devo andare in onda, rispondo di no e che sono li se per caso hanno bisogno di una mano.
Si… ti prego rispondi ai telefoni, prendi appunti… fai tu.
Mi metto davanti al telefono.
Le notizie volano, la gente chiama, aria di golpe in giro.
Consolo una mamma che piange che suo figlio è giù da venerdi e non lo sente da un pezzo, il cellullare è staccato, avete un elenco degli arrestati? piange a dirotto e faccio fatica a non piangere anche io. Uno che chiama per il numero della diretta.
Uno incazzato.
Ragazzi a Genova che dicono che in piazzale Kennedy ci sono gli elicotteri a venti metri da terra e pare di essere in Vietnam.
Telefonate telefonate telefonate.
Uno che mi dice: stai attento… mi raccomando….ti voglio bene. (a me?)
Due a cui dico io di stare attenti.
Qualcuno chiama dalla macchina, chiedo se ai caselli ci sono dei posti di blocco ma no… no… e grazie al cielo i treni arrivano regolari, non c’è nessuno in assetto antisommossa ad attenderli alla stazione.
Macello alla sede del GSF.
Telefonate, aggiunte, smentite, precisazioni.
Il vicequestore in onda, parla e mi sembra Lino Banfi in “Il commissario Lo Gatto”.
Dice cazzate per dieci minuti, mi chiedo dove diavolo hanno preso un imbecille come quello…
Scrivo rapide veline con la pennabic, le passo a qualcuno, controlla, dice grazie.
Ad un certo punto cade il segnale radio e i telefoni che suonano diventano mille.
Aria di golpe.
vihannooscuratovihannooscuratovihannooscurato, dicono in duecentotrenta al telefono.
Ma no ma no… l’onda c’è di nuovo era solo l’ISDN che era partita per un momento…
Io fumo.
Poi chiama Elena.
Elena dice che vuole parlare con qualcuno finchè non arriva alla stazione, perchè così se la portano via qualcuno lo sa visto che è rimasta da sola.
Io ci parlo.
La faccio un po’ ridere.
La guido con una fotocopia di un tuttocittà di Genova.
Stiamo facendo un video game le dico.
Lei ride.
Si rilassa.
Ecco ecco, vedo la stazione! ci sono dei ragazzi! grazie!
Arriva in stazione sana e salva.
Non saprò mai più nulla di lei, come un amore estivo.
Del resto siamo a Luglio, no?
Telefonano gli inviati, io non so passare la telefonata alla diretta e faccio casino, ma poi ci riesco capendo bene come si fa.
Che bisogna schiacciare “erre” e aspettare un cazzo di bipp che mica me l’avevano detto di aspettare il bippp.
Il Gr anticipa l’Ansa di una bella mezz’ora.
Commentiamo sconcertati la versione ufficiale della polizia.
Gente che chiama.
Appunti, veline senza le tette vergate in pennabicblu.
Un po’ di paura.
E se venissero anche qui?
Ma no.
Uno che dice che hanno portato via gli hard disk dalla sede del Gsf… hanno messo delle webcam nascoste e hanno le prove.
Un’altro che a ha visto un sacco di polizia a Gallarate e pensa che ci sia un colpo di stato ma magari è una rapina, non so, io comunque te l’ho detto.
Due che chiamano, dicono che hanno blindato e sgomberato il Carlini, lasciano il loro numero, controlla per favore e richiamaci.
Lo faccio.
E’ tutto a posto.
Li richiamo.
Ringraziano.
Macelli.
Una che chiama e dice: ho sentito bene? hanno portato fuori dal Diaz uno con la “testa staccata?!?!?!”
No, no, ha detto: “testa spaccata”
e lei: ah! cazzo…
e io mi preoccupo per la plausibilità di una “testa staccata” in una notte simile.
Mamme.
Donne.
Ragazzi che voglio dire la mia su oggi… dammi la diretta ma non posso scrivere.
Uno che dice di avere delle foto.
Uno che dice che le foto le mette sul sito.
Due che la Panda ha fuso e sono sulla Cisa.
Uno che chiama e cerca Albertino per il remix di Molella…ma ha sbagliato mondo e radio.
Marasma.
Una che ha perso il cane a Genova, se puoi dirlo che qualcuno me lo riporti ti lascio il numero.
Uno che ha trovato un cane.
Ma è un altro.
Uno che hanno fermato in circonvallazione il pulmino di un centro sociale.
Un’altro che gli sbirri all”autogrill gli hanno sequestrato la videocamera e aperto i rullini della macchina fotografica.
Sigarette.
Poi alle 4.30 il telefono non suona più.
Qualcuno va via.
Anche io.
Saluto e mi dicono grazie.
—
Una cosa che penso oggi, a un milione di anni di distanza e una vita intera dopo, è che quel matrimonio praticamente-in-Svizzera mi ha salvato il culo. Visto come ero in quel periodo, visto quello che facevo e viste le mie attitudini, se fossi andato a Genova sarei finito male. Oggi ho un figlio, e quando Minizilla mi chiederà dove ero quando c’è stato il G8 gli dirò che ero da un’altra parte. Altrimenti tu non ci saresti, bimbo mio bello.
Che tutte le volte che leggo di Genova mi torna la paranoia, dei miei spariti per 3 giorni, con il telefono staccato.
Grazie Diego, sto piangendo da solo, leggendo il tuo post sul telefonino.
E mi vergogno come un ladro per non esserci stato. Non dico fisicamente ma con lo spirito e con la testa per capire quello che è accaduto.
La mia personale scusa che “ero un pischello e non erano problemi miei” non regge più.
A mia figlia le racconterò di come si possa alzare la testa davanti ad un sopruso e che non è mai tardi per aprire gli occhi.
Un abbraccio
Flavio
Tu lo sai. Io lo so. Baci Diè. Auro.
Io c’ero, e se sono ancora qui, è perché a Genova ci abitavo, e avevo una casa in cui tornare la sera.
Avevo più amici al Carlini che alla Diaz, ma fa niente, lo sgombero l’ho vissuto in diretta, ero fuori, stavo andando a trovare gli amici, e me li sono visti uscire con la fiumana di gente.
Un’amica ancora si chiede cosa sarebbe successo se avesse accettato la proposta del giornalista piacione: “sai, sto alla Diaz, tu stai in tenda, vuoi venire, stasera?”
E poi Carlo Giuliani, ragazzo (che fa rima co’ testadecazzo, limortacci sua e mia!) che io manco c’ero, in centro, perchè coordinavo gli spostamenti di una dozzina di persone sparse per Genova a colpi di telefono fisso e cellulare, finchè non hanno staccato le celle dei cellulari, e il telefono di casa è stato sotto controllo almeno un anno e mezzo.
…e già mi faceva schifo prima, Manu Chao, così ora, mannaggia agli sbirri, c’ho pure una buona ragione. E avrei preferito non averla.
P.S: I miei concittadini e coetanei non si fidano più degli sbirri, dal quel Luglio. Neanche i democristiani.
Io questa l’avevo giña letto anni fa, e anche oggi mi fa lo stesso effetto, tensione e pelle di gallina. Io avevo giá lasciato l’Italia a quell’epoca; in ogni modo il mio golpe me lo sono vissuto anche io, e in directa (perchè lavoravo con il governo abbattuto), il 22 giugno del 2012, ed è una esperienza che non auguro a nessuno..
Una volta si chiamava anche “GIOTTO” (Il pezzo).
Sempre bello rileggerlo, anche solo per darsi una scossa. Grazie
bye
mdb