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Tutta la verità sui maledetti Pioppi!

11 maggio 2015 • By

 

Detesto i Pioppi.
In questo periodo dell’anno, la mia città diventa lo schifoso ricettacolo dei pappi del maledettissimo albero. E a me fa schifo. Mi fanno schifo le strade imbiancate, i parcheggi dove negli angoli si accumulano schifosi piumini. Le auto imbiancate dalle ragnatele pioppose. Mi fanno ribrezzo le pozzanghere ricoperte. Odio i piumini che ti invadono in casa. I piumini che ti entrano nel naso, negli occhi, nei vestiti.
Il Pioppo è, per me, incompatibile con la vita cittadina. Credevo che si trovasse già lì, dove prima era tutta campagna, e che la città, allargandosi, lo avesse raggiunto.
Oggi ci vorrebbe un gigantesco aspirapolvere, per aspirare tutti quei cazzo di piumetti, e far vivere sereni gli umani che vivono, loro malgrado, immersi nei pappi fino ai ginocchi.
Dato il mio furioso odio nei confronti dei Pioppi, ho deciso di studiare il mio nemico. E ho scoperto che il 90% dei Pioppi che in questi giorni si danno alla pazza gioia, è stato piantato da qualcuno.


Non è cresciuto spontaneamente dove si trova ora. Arriva dai vivai. E’ stato piantato, cresciuto, venduto. Sei costretto a vivere in mezzo a uno schifo di nevicata bianca non è colpa di una generica Madre Natura. Puoi ringraziare qualcuno. La storia della coltivazione dei Pioppi nella pianura padana potrebbe essere un avvincente pamphlet cospirazionista. Tra lo svolazzo dei pappi si insinuano scelte politiche, ragioni industriali, cattivo gusto estetico e, come se non bastasse, le necessità idiote del ventennio fascista.
(Non sono un campione mondiale di storia della botanica, per scrivere questo post ho letto un paio di libri e ne ho tratto le mie conclusioni. Potrei anche aver letto i libri sbagliati, per cui se sei un botanico, un esperto di alberi e di legnami, e noti che ho scritto cazzate, dimmelo pure che correggerò)
Il Pioppo “originale” europeo, il Populus nigra, era quello che era. Un albero che cresceva in modo spontaneo.  Come albero spontaneo, in antichità aveva i suoi fan, altri invece lo consideravano, stra giustamente, una pianta infestante.
Poi, al Pioppo Europeo viene affiancato il Pioppo Canadese e il Pioppo Nero Americano, nasce così la pioppicultura e vengono creati i primi vivai.
Questa favolosa idea viene al Marchese Ainardo Benso di Cavour più o meno alla fine del 1700. Ainardo, per la cronaca, è il nonno del più celebre Camillo.
Quindi, è colpa sua se tu oggi sguazzi nei pappi.
Il Pioppo entra di prepotenza nel panorama piemontese e lombardo, diventando ben presto il prodotto di punta dei consorzi vivaistici. Le famiglie nobili lo usano per le loro residenze di campagna. Per la gente comune è un’ottima fonte a basso prezzo di legna da ardere. In più, da quel legnaccio si trae del compensato economico, adattissimo, per esempio, alla costruzione di cassette per frutta e ortaggi.
Prima di venir soppiantato da altri tipi di legno migliori, anche la nascente industria della carta sfrutta il Pioppo per i suoi scopi.
Tra l’800 e i primi del 900 scoppia la moda del Pioppo. E si inizia a piantarlo a scopo decorativo anche nei centri urbani.

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Impossibile scoprire oggi quali relazioni ci fossero tra i vivaisti e gli amministratori cittadini del periodo.
In modo forzato, con il supporto di una vera e propria campagna di marketing ante litteram, il Pioppo diventa La Pianta Italiana per eccellenza.
Viene piantato ovunque, dalle rive dei fiumi, fin sotto casa tua.
Occupa militarmente l’intera Pianura Padana.

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Poi arriva quellolà, quello dell’autarchia, quello che bonificava paludi e faceva arrivare in orario i treni.
Il Pioppo è la “pianta fieramente italiana” che garantisce l’autosufficienza delle cartiere e delle segherie che devono fare la carta, i fiammiferi e i trucioli per il glorioso popolo italiano.
La cosa sta così a cuore al regime, che il fratello minore del duce, Arnaldo, si muove in prima persona. Si occuperà della rinascita boschiva, dell’organizzazione fassssissta dell’agricoltura e delle bonifiche, diventando il primo presidente del Comitato Nazionale Forestale.
Muore nel 1931, ma il Pioppo gli sarà debitore per sempre.

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E oggi il Pioppo sta lì.
In un certo senso la spinta propagandistica verso la pioppicultura intensiva mi ricorda, con scopi inversi, la campagna di William Randolph Hearst contro la Canapa.
In un paio di secoli, l’uomo ha modificato il paesaggio e la percezione del medesimo. Oggi la presenza del Pioppo è considerata normale, parte di una tipicità regionale, un elemento decorativo imprescindibile per i viali delle nostre città.
Non importa l’evidente incompatibilità di quell’albero con la serena esistenza di svariate migliaia di umani che vivono in una metropoli.
Che poi… se al posto dei Pioppi, Ainardo e i suoi seguaci si fossero innamorati degli Aceri, invece di essere invasi dai pappi ora avremmo qualcosa di buono da versare sui pancake.

(Clicca qui per un paio di fonti a riguardo.)

UPDATE!
Come mi hanno fatto notare nei commenti, e in una discussione su FB, ho commesso degli errori di partenza nella stesura del post.
I cosi dei Pioppi non sono pollini, sono semi.
I cosi dei Pippi non provocano allergie.
Fastidio sì, allergie no.
Detto questo, mi dispiace di aver accusato i Pioppi di colpe non loro, e di aver chiamato nel modo sbagliato il fastioso prodotto che producono.
Detto questo, tutto il resto dell’articolo dovrebbe essere storicamente e politicamente esatto.

UPDATE 2!
Dato che i cosi dei pioppi non danno allergie, il post è stato editato in quel senso.