Se bazzichi il web avrai senz’altro incrociato dei video o delle foto che ti raccontano delle storie spaventose. Ci sono siti, forum, canali Youtube e comunità intere dedicate a non farti dormire la notte con le loro tremendissime storie vere. Il punto è tutto lì. Accorciare al massimo le distanze narrative, creare un immediato patto di complicità, sussurrandoti all’orecchio che la storia agghiacciante che stai per sentire è vera. È successo davvero, mammamia che paura fottuta.
Una volta si chiamavano leggende metropolitane. Oggi, con lo stesso meccanismo narrativo riportato in un contesto 2.0, si chiamano Creepypasta, ma il concetto rimane uguale. Leggende sinistre e raccapriccianti (creepy) copiate e incollate (pasta) all’infinito con varie modifiche successive.
Ma che cosa c’è di vero nelle Creepypasta più famose?
Il Cecil Hotel di Los Angeles, costruito nel 1927, è oggettivamente un posto di merda.
Oggi si chiama Stay on Main, e soltanto una parte della struttura è riservata alla consueta clientela alberghiera, altre aree sono destinate all’accoglienza degli indigenti, ospiti permanenti, legati al piano di assistenza minima offerto dai servizi sociali.
Il quartiere in cui si trova l’albergo è lo Skid Row. Letteralmente: bassifondi. Una zona rancida, dove si fa colazione con il crack e i senzatetto dormono per strada dentro i cartoni.
Tra una pessima recensione su TripAdvisor e l’altra, il Cecil, nel corso degli anni, si è ammantato di una fama sinistra.
Ci hanno alloggiato due serial killer in piena attività: Richard Ramirez e il suo copycat Jack Unterweger.
In molti sostengono che lì sia stata vista viva per l’ultima volta Elizabeth Short: the Black Dahlia, poco prima di essere ritrovata fatta a pezzi in un campo il 15 gennaio 1947.
Creepy, ma falso. Kim Cooper, guida crime-turistica ed esperta del caso Dahlia, ha documentato in un libro che Elizabeth Short in realtà venne vista in un bar a poca distanza da Cecil mentre beveva un drink in compagnia di un tizio.
Ad alimentare a dismisura la cattivissima fama del Cecil Hotel ci sono anche diversi suicidi avvenuti nella struttura. Il primo è del 1931, quando un certo W. K. Norton ingoia una dose letale di pillole. Poi, tra gli altri: nel 1962, la ventisettenne Pauline Otten, si lancia dalla finestra, uccidendo anche George Gianinni, lo sfortunato passante sul quale cade.
Nello stesso anno Julia Moore fa un volo dall’ottavo piano. Nel 1954, la cinquantenne Helen Gurnee, decide di togliersi la vita nello stesso modo. Nel 1975, si suicida una ragazza registrata con il nome falso di Alison Lowell.
Le stanze del Cecil sono al centro di casi violenti, come l’omicidio di Goldie Osgood nel 1964 o la cattura di un evaso nel 1995.
Con queste premesse, è ovvio che il Cecil Hotel sia il teatro ideale per una delle più impressionanti creepypasta in circolazione.
La storia di Elisa Lam è in parte vera e in parte no. La forza di questo mito contemporaneo è tutto nella vasta documentazione che lo supporterebbe.
I siti di pauretta però, come è giusto che sia, altrimenti non sarebbero siti di pauretta, non ti dicono proprio tutto tutto.
Il corpo senza vita della 21enne Elisa Lam, studentessa canadese di origini asiatiche, fu trovato, per caso, in una cisterna sul tetto il 19 febbraio 2013.
La ragazza era arrivata al Cecil il 26 Gennaio 2013 e doveva fermarsi fino al 1 febbraio.
Il 31 gennaio 2013 viene vista viva per l’ultima volta, ed è anche l’ultimo giorno in cui i suoi familiari in Canada hanno un contatto con lei.
Il primo febbraio, preoccupati dall’assenza di notizie, i genitori e la sorella ne denunciano la scomparsa, allertando il dipartimento di polizia di Los Angeles.
I genitori di Elisa si sentono con lei una volta al giorno. Sempre. Questo è un particolare importante sul quale tornerò dopo.
Il 6 febbraio 2013, il tenente Walter Teague della LAPD tiene una conferenza stampa, con i genitori di Elisa al suo fianco, dove chiedono aiuto alla popolazione per la ricerca della ragazza scomparsa.
Il 14 febbraio 2013, la polizia di Los Angeles diffonde un filmato in rete. Lo scopo è quello di trovare qualcuno che abbia visto Elisa. Il video è stato ripreso dopo la mezzanotte del 31 gennaio, da una telecamera di sorveglianza all’interno di un ascensore del Cecil Hotel.
Di sicuro la polizia di L.A. aveva le migliori intenzioni del mondo, ma di fatto, rilascia uno dei video più inquietanti mai visti su Youtube.
Questo video:
Sono gli ultimi quattro minuti di vita di Elisa Lam.
Quattro minuti che, alla luce di quanto verrà scoperto in seguito, fanno gelare il sangue nelle vene. La ragazza si comporta in modo strano, viene ripresa una situazione inspiegabile in modo razionale. Sembra che Elisa stia scappando da qualcuno o da qualcosa, terrorizzata da una minaccia per noi invisibile.
Il video diventa virale in Asia e negli Stati Uniti. Poi, con il ritrovamento del cadavere avvenuto cinque giorni dopo la diffusione delle riprese dell’ascensore, la rete di scatena.
Via via che si compone la tragica storia di Elisa Lam, sul web si riversano centinaia di teorie paranormali, alimentate dalla già nota reputazione maligna del Cecil Hotel.
Mentre la storia passa di sito in sito, vengono aggiunti dei particolari disturbanti: il cadavere venne ritrovato perchè i clienti si lamentavano del fetore che usciva, assieme all’acqua, dai rubinetti.
Creepy, ma falso. Sui rapporti ufficiali si legge che, Santiago Lopez, il manutentore, venne chiamato per controllare l’origine di un banale calo di pressione.
Salì sul tetto, aprì lo sportello di ispezione di un serbatoio, e trovò il cadavere nudo di Elisa Lam in avanzato stato di decomposizione. Galleggiava in una delle quattro cisterne al quindicesimo piano dell’hotel.
I vestiti della ragazza, gli stessi che indossava nel video, erano accanto alla tanica.
La botola era troppo piccola per consentire il recupero del cadavere. I pompieri per portarlo fuori, dovettero tagliare il serbatoio.
Di vero c’è che nei giorni precedenti al ritrovamento, alcuni ospiti si erano lamentati dello strano sapore dell’acqua (dichiarato come: funny taste) e che facendo la doccia, il getto prima usciva nero e poi diventava trasparente.
Il lato creepy viene sovraeccitato dalle analogie tra questo caso e la trama del film horror Dark Water. (L’originale giappo è del 2002, il remake con Jennifer Connelly è del 2004)
Da chi stava scappando Elisa Lam in quel video? Da un fantasma? È uno spettro assassino che entra con lei in ascensore, portandola poi sul tetto?
In pochissimo tempo la leggenda nasce, cresce, si sviluppa e diviene virale. Un racconto horror perfetto, la creepypasta esemplare, supportata e sorretta da un video agghiacciante.
Come ci è finita quella ragazza dentro la cisterna?
Su tetto non ci sono telecamere di sicurezza, la direzione dell’hotel sostenne che gli accessi non erano chiusi a chiave, ma erano dotati di allarme. Si tratta comunque in un hotel fatiscente e non è detto che i sistemi di allarme funzionino correttamente. Le vie di accesso al tetto erano segnalate da appositi cartelli che ne proibivano il passaggio agli ospiti, così come obbliga la legge.
I genitori di Elisa intentarono una causa per negligenza nei confronti del Cecil Hotel. Il processo si concluse nel 2015, il giudice Howard Halm, dichiarò la direzione del Cecil non responsabile per i fatti accaduti.
Il cadavere di Elisa è rimasto 19 giorni in quella cisterna. La causa ufficiale del decesso è annegamento accidentale, e nel racconto virale-horror viene evidenziata l’assenza di stupefacenti nel referto autoptico.
La forzatura narrativa è molto sottile. Ovunque si legge che il coroner disse di non aver trovato tracce di droghe nel corpo di Elisa. Questo elemento amplifica la stranezza del comportamento della ragazza in ascensore, alimentandone la leggenda paranormale.
In realtà, il coroner dichiarò che al momento, non avevano rilevato sostanze stupefacenti nel corpo di Elisa Lam, e che ci sarebbero volute dalle sei alle otto settimane per i risultati approfonditi.
I risultati definitivi sono pubblici. Puoi trovare il rapporto completo dell’autopsia cliccando qui.
Elisa Lam soffriva di una grave forma di depressione e di un disordine bipolare. Per questo motivo i suoi genitori la sentivano ogni giorno. Per essere sicuri che andasse tutto bene e per poter intervenire in modo tempestivo in caso di problemi.
Gli esami specifici hanno riscontrato la presenza nel suo organismo dei farmaci che le erano stati prescritti: un anticonvulsivante, un antidepressivo, uno stabilizzatore dell’umore e un antiepilettico. Le tracce rimaste nel suo corpo però erano minime, irrilevabili da un esame non approfondito e specifico.
L’ipotesi è che Elisa avesse smesso di prendere i suoi farmaci. Se avesse seguito le prescrizioni, nel suo corpo ragazza avrebbero dovuto esserci abbondanti residui di quelle sostanze, ed è un male che l’autopsia non li abbia rilevati in dosi terapeutiche.
Dovevano esserci tracce di stupefacenti che invece non c’erano. Il problema è “al contrario” rispetto alla prassi comune, ma il mistero è tutto qui. Semplice e terribile.
La ragazza che vedi entrare nell’ascensore è una ragazza che non sta bene. È in viaggio da sola, è lontana da casa e dai suoi parenti. Il suo è un viaggio nell’oscurità della sua mente, lasciata libera di precipitare verso l’abisso.
Un viaggio tremendo che si conclude nel peggiore dei modi.
Nel gioco infinito della profezia autoavverante postmortem, centinaia di autori del web 2.0 hanno costruito centinaia di teorie terrorizzanti, trovando coincidenze, unendo numerosi puntini al fine di ottenere un disegno preciso che era già nella loro testa.
La teoria più idiota di tutte è lo stupore nello scoprire che Il blog di Elisa si è aggiornato un paio di volte dopo la sua morte. Chi urla al sovrannaturale si dimentica (o gli conviene dimenticarsi) dell’esistenza della pubblicazione programmata dei post.
La potenza iconica di questa storia si è spinta oltre al rete, anche il cinema e la televisione si sono appropriati di questo mito contemporaneo, raccontandolo e riconiugandolo in base alle loro esigenze.
L’ultima volta che ho controllato: “Elisa Lam” su Google, tra articoli, pagine e video derivati, c’erano circa un milione e mezzo di risultati.
Tutt’ora, tra gli imberbi Youtubers a caccia di like e di qualche spicciolo, un bel video farlocco sulla morte di Elisa Lam garantisce buoni risultati. Vanno avanti a raccontare palle con il tipico cherry picking ignorantello di chi si occupa di misteri su quella piattaforma.
La storia horror mette i brividi, ma almeno non lascia addosso la tristezza della storia reale, dove in verità c’è poco mistero e tantissima solitudine.
Grazie mille! articolo superbo.
Credo che il successo delle creepypasta faccia riflettere su quanto in fondo desideriamo che queste cose siano vere.
E secondo me non solo per il piacere di un semplice brivido fine a se stesso ma perché, dentro di noi, speriamo sempre che ci sia “qualcos’altro” oltre alla sveglia che suona alle 7:00, al lavoro, alla casa…
Un bisogno profondo e ancestrale di mistero e avventura totalmente inappagato dalla nostra quotidianità.
Quoto in pieno. Sentiamo il bisogno di trasformare in situazioni da film, cioè spettacolari, delle situazioni tristemente “normali” e proprio per questo, ahimè, noiose. Trasformando delle persone vere, con problemi reali, in macchiette da film in lotta con demoni o alieni.
Davvero. Agghiacciante, il fatto, superbo l’articolo.
A me mette più paura la storia vera che quella inventata. L’albergo infestato te ne tieni a distanza, contro l rischio di sviluppare le malattie mentali hai ben poche difese: paura vera. Comunque, quanto meno non c’era john cusack.
Bella storia, sempre efficace.