L’altro giorno è stato presentato un disegno di legge per regolamentare la circolazione di bufale e fake news sul web. Ieri, su Valigia Blu, è apparso un articolo firmato da Fabio Chiusi che attaccava in modo frontale quella proposta di legge. L’articolo è stato condiviso e diffuso al grido di: “allarme, allarme, torna la censura e il nazismo”.
Quando si parla di libertà sul web gli animi si scaldano subito. Diventiamo tutti degli
Uruk-Hai che corrono di qua e di la ruggendo le ultime parole di William Wallace.
Anche chi dovrebbe affrontare la questione in modo lucido, come Fabio Chiusi, poi alla fine firma un articolo che trasforma la data del nostro calendario in: millenovecentonovantaventisette.
Forse il computer di Chiusi va indietro nel tempo, non lo so, fatto sta che il suo web non è il mio web. Il suo sguardo non si rivolge al web di oggi, ma è la visione utopica idealistica di un tipo di web che ha smesso di esistere nel momento stesso in cui una massa indistinta di idioti ha avuto accesso alla rete tramite uno smartphone.
Fabio, mi dispiace, ma non c’è più quel web a cui ti riferisci.
Negli ultimi dieci anni abbiamo preso il concetto di: “migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo” e l’abbiamo scambiato con migliaia di idioti che ruttano, scrivono in maiuscolo, usano ottanta esclamativi e cliccano “condividi” in modo compulsivo.
Questo uso sconsiderato, inconsapevole, belluino della rete ha portato a delle conseguenze a mio avviso insanabili, eccone giusto un paio:
Ha avuto ripercussioni economiche gravissime, in parte fomentate e alimentate da chi ne ha tratto un guadagno diretto. La favoletta dell’UGC, deviata in modo capzioso nel corso degli anni, ha disintegrato l’industria editoriale su più livelli.
Ha delle ricadute sociali evidenti, con un ribaltamento post debordiano della concezione di realtà e verità, che sta facendo a pezzi il tessuto sociale.
Ha modificato e stravolto la percezione del proprio Essere, sia digitale che fisico.
Il disegno di legge può essere anche scritto con i piedi, ma è fuor di dubbio che oggi la situazione vada regolamentata.
Dal mio punto di vista bisogna lavorare sulle prossime generazioni, con un lungo percorso didattico destinato a quelli che oggi sono dei bambini, al fine di educarli e prepararli all’uso consapevole della rete. Il resto dell’utenza è perduto.
Gli Idioti Digitali che ci sono in giro oggi non li recuperi più, Fabio. Però, cazzo, ho tutti i diritti di proteggermi da loro. Ho il diritto di impedirgli di fare altri danni.
Non serve porsi questioni di lana caprina su: “che cos’è la verità”. Dai, sù, diciamolo chiaro: per la maggior parte delle persone oggi la verità la stabilisce un algoritmo, e questo ci elimina entrambi dal ragionamento.
Un’altra cazzata è tirare in ballo i whistleblower. Non conosco nessun whistleblower vero che usi ancora il web di superficie. Quelli con cui sono in contatto io usano Tor, non Facebook.
Ma, soprattutto, nel web di massa contemporaneo, parlare di censure di stato, tirando in ballo Chelsea Manning ed Edward Snowden, è come dire che sulle strade non ci devono essere limiti di velocità perchè dobbiamo tutelare l’arrivo di un futuro Schumacher.
Mi diverte un sacco questa Reductio ad Snowdenum, applicata a un’utenza che nel migliore dei casi usa il web per sostenere che il cancro si può curare con la polvere di fata, e che i vaccini ti fanno guidare i camion.
piantala di dire puttanate
Altrimenti?
Mi aspetti a Gorla e mi meni?
ahahahhhhhh….mitico!
Aspettavo questi tuoi post. Anche per poter dire che avevo torto marcio nel ritenere che non ci sarebbe mai stata una stretta di questo tipo sui social network. Non avevo gli strumenti per prevedere Trump e le conseguenti reazioni del mondo.
Non potevo immaginare soprattutto che Facebook si potesse schierare cosi, arrivando a chiudere pagine “false”. Non è la (discutibile) immoralita della cosa a colpirmi, ma come questo cambi completamente il suo rolo nel mondo. I tipi che dirigono un social network cosi grande non possono non saperlo, e non possono non rendersi conto delle conseguenze.
Non potevo saperlo, adesso lo so, e davanti a questi eventi metto meglio a fuoco cosa mi spaventa di questi sviluppi.
Però prima di sputare quest’altra cavolata mi sento di fare una precisazione antipatica, che nel tempo dell’uno vale uno e dell’informazione come conoscenza (e alla luce dei commenti che girano) temo sia proprio il caso di fare: faccio ricerca in ambito di finanza quantitativa, mi occupo di “big data” nel senso più quantitativo del termine, ho una formazione economica che ho arricchito studiando matematica e statistica per anni in corsi di formazione specialistica e post-universitari, oggi faccio ricerca accanto ad economisti, matematici e fisici (ormai queste materie hanno più ambiti in comune che non).
Mi occupo in particolare di rischio sistemico in mercati finanziari, tema che ora sto mettendo un po’ da parte visto il nuovo vento di deregolamentazione che tira dagli USA (ah quanto gli voglio bene a Trump…).
Queste 10 righe non per dire che non sono un co***ne, perchè potrei benissimo esserlo comunque, ma per precisare che sono anni che studio i metodi per, e le potenzialità di poter sfruttare database immensi e privilegiati, dal punto di vista quantitativo, e sono anni che studio il potere derivante dall’avere questi vantaggi, dal punto di vista umanistico. Non ne ho “letto da qualche parte”, ne ho studiato, non “mi sono informato”, mi sono formato.
Detto questo, la mia osservazione: La censura di facebook non c’entra nulla con la censura che conosciamo noi. La censura della nostra televisione,da quella che cacciò grillo,a quella che cacciò biagi, ma anche la censura nazista, sono cose diverse. Se cade il governo, la forza politica che comanda nel tuo paese, cade anche la sua censura.
Dal momento però che il censore è un mastodontico privato, più potente di un governo di media statura, il discorso si fa diverso. Possiamo usare gli strumeti democratici per far cadere Renzi, Gentiloni, L’Europa, anche Trump… ma Facebook, o chi seguirà dopo, esiste comunque. Non solo, ma una volta fatto questo passo, e lo hanno già fatto, temo proprio non si torni indietro.
Mi dilungo troppo, cerco di sintetizzare: vivevamo in un mondo in cui l’potesi peggiore era che “Trump” divenisse presidente degli stati uniti, ora viviamo in un mondo in cui c’è uno scenario molto più tetro: che “Trump” diriga Facebook.
Questo è il mondo che lasciamo in eredità alle prossime generazioni, mi sa che il “lungo percorso didattico” ce lo vorranno fare loro a calci in culo quando se ne renderanno conto.
E io in questa guerra tra l’espressione della cultura più vomitevole e ottusa che potessi immaginare, e del potere più pericoloso e incontrollabile che potessi immaginare, mi rendo conto che si deve scegliere una parte, ma non so proprio cosa ritenere il male minore.
Una precisazione: il mio commento qui sopra riguarda per lo più il post precedente a questo. Ho letto questi ultimi post e commenti tutti di fila, e ho finito per commentare entrambi come se fossero uno solo. Me ne sono reso conto oggi. Ovviamente non me la prendo con la legge sulle fake news, ma col fatto che stiamo dando tacito (o urlante) assenso al subappaltare la censura dei nostri (incredibilmente complessi) spazi di comunicazione ad un privato con sede legale negli Stati Uniti.
Scusate il casino, non devo scrivere commenti a fine giornata lavorativa ;).