Spinto dal dibattito che è esploso in rete in questi ultimi giorni, ho provato a guardare la cosa da un altro lato.
Mi sono messo a osservare quelli che: trollare le masse di idioti è sempre un bene. Ho scrutato quelli che considerano satira quello che fa Saolini, spulciando uno per uno tutti i commenti a favore di Saolini sulla sua pagina. Gironzolando sui profili di quelli che gli danno manforte, ri-trollando, rimarcando, ripetendo il suo stesso schema.
Chi sono i troll oggi? O meglio, chi sono quelli che considerano sacrosanto trollare gli idioti?
I membri della Troll Generation hanno circa trent’anni. I loro profili su Facebook sono per la maggior parte legati a nickname, cosa che su Facebook non sarebbe permessa, ma tant’è.
Molti hanno un numero dopo il cognome, quindi hanno più di un profilo, e può accadere per svariate ragioni, perchè sono stati bannati, o perchè usano un profilo per le cose personali e uno per le cazzate, e via discorrendo.
Mi diverte questa ribellione nei confronti di Zuckerberg, dove si rimane comunque sul suo social network, ma lo si fa sovvertendone un pochino le regole. Usando un nickname invece del proprio nome. Nel 2019 essere ribelli fino in fondo, e NON avere un profilo su Facebook, sarebbe impossibile. La soluzione è comunque esserci, ma con un nome di fantasia, in modo da allontanare la percezione di responsabilità del proprio comportamento on line.
La maggioranza di queste persone, guardando ciò che pubblicano sui loro profili, ha simpatie di destra, ma in questa analisi importa fino a un certo punto.
Quello che emerge dalla massa critica della Troll Generation è l’assoluta necessità emotiva di sentirsi migliori. Migliori di chi? Di chiunque, non importa di chi.
Entra in campo una dorsale comunicativa a cazzo duro, che racchiude in sé gli elementi più radicali del bomberismo, dell’alphismo e del pastorismo. L’imperativo è sentirsi migliori, sul web, della grande massa di cretini che percepisce come vere le performance di Saolini, sentirsi migliori del tristo luogo comune, migliori dei cinquantenni con loro buongiornissimo, migliori delle ragazze grasse, di quelli che non scopano, di quelli che guardano Sanremo, migliori degli scocchi, migliori di chi è più vecchio, di chi è più giovane, migliori degli stupidi, dei fessi e del mio vicino di casa.
Non si perde occasione per dichiarare alle masse il proprio sentirsi più fighi, più alpha, più bomber, più politicamente scorretti. È una necessità ormai inestricabile dal concetto contemporaneo di trolling.
Me ne sono chiesto il motivo.
Nelle vene della Troll Generation scorre sarcasmo puro al posto del sangue. Per quanto sia impopolare dirlo, il sarcasmo si differenzia dall’umorismo perchè si tratta della manifestazione di una profonda insoddisfazione cronica mista a rabbia.
Nel linguaggio comune questa caratteristica fondamentale del sarcasmo è del tutto sparita, ma di base il sarcasmo non è una cosa “bella”.
Ora, non è che per caso, questa generazione di trentenni ha così bisogno di urlare la propria superiorità sul web perchè nella vita reale fanno una vita di merda?
Non è che per caso, questo trolling sul web è l’unica valvola di sfogo per una generazione che nella real life deve stare con la testa bassa a inghiottire precarietà, pochi soldi, insoddisfazione e fallimento?
Non è che la Troll Generation è una conseguenza digitale del fallimento della società contemporanea?
Ma del resto, onestamente, che cosa può fare un trentenne oggi se non incazzarsi?
Allora muoia Sansone e tutti i filistei, anzi: Kill all Normies, per dirla come si direbbe su 4Chan.
Allora distruggiamo tutto, sul web, con un’ondata di sarcasmo trollesco che travolge ogni cosa. Come tutte le rivolte, consapevoli o meno che siano, è una devastazione totale, radicale e non pensa alle conseguenze. Non può, altrimenti non sarebbe una rivolta. Il riot arriva e spacca, a quello che succede dopo ci pensino altri.
Il problema però, è la riverberazione sul web di questa azione del tutto inconsapevole. I social network non sono un videogame a circuito chiuso, hanno una profonda influenza sulla realtà.
La conseguenza del trolling sarà, per forza di cose, un inasprimento di quella situazione inconsapevole, non ammissibile, di disagio di partenza. Perchè è vero. È vero che la massa di trollati sono la maggioranza assoluta. Sono la maggioranza idiota e senza vergona che detiene il potere nel nostro paese.
Mi è tornato in mente Pepe the Frog. Un trollamento di massa che, secondo moltissimi analisti, ha contribuito non poco, in un cortocircuito causa/effetto, all’elezione di Trump.
Penso a una delle conseguenze: lo shutdown di Trump nei confronti dell’amministrazione pubblica che ha bloccato gli stipendi di 800 mila persone. In sostanza, 800 mila persone non ricevono la paga, in parte, per colpa di Pepe The Frog.
Quali conseguenze porterà il “sentirsi migliori” a botte di sarcasmo della nostra Troll Generation?
Per ora a una proposta di legge che prevede un controllo dello stato sui brani messi in onda dalla radio.
E domani?
il guaio di questi troll è che poi i loro video te li ritrovi nei gruppi whatsapp, mandati a persone ignare di cosa siano i social e i troll.
Siccome il cugino ci crede, è vero. E votano per chi fa morire più gente possibile, tanto “sono tutti pupazzi, non sono foto reali”.
Bell’articolo. Ho sempre pensato che le false notizie sui social per trollare fossero un’aberrazione, tipo le foto di Jim Morrison con la didascalia “questo è un immigrato, prende un sacco di soldi…”. Non hanno mai dimostrato nulla, tanto è lapalissiano che qualunque bugia racconti, per quanto grossa, ci sarà sempre una percentuale di persone che se la beve. Alla fine cos’hai dimostrato? Solo che ci sono N persone che non hanno ben presente la faccia di Jim Morrison, e non c’è nulla di male.
Diego hai letto Sabrina di Nick Drnaso? Parla di questi temi ed è molto inquietante senza spettacolarizzare nulla.
I tuoi articoli Diego, sono sempre una borraccia di acqua fresca nella vastità dell’arido deserto digitale.
Grazie : )
Ciao Diego, era ora che tornassi a scrivere.
P.S: Non stare a pubblicare il commento, era solo una cosa che volevo dirti, tutto qua.