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Un paio di cose su Masha e Orso!

19 marzo 2015 • By

mashaorso

Oggi è la festa del papà e questo post serve a tutti i papà per fare una bellissima figura con la prole.

Se hai figli, Masha e Orso li conosci già.
Se non hai figli e non conosci Masha e Orso, precipitati sul Tubo e recupera subito questa gravisssssisma lacuna.
Masha e Orso è una serie animata russa, ma è distante ventordici mila miglia da: “Lavoratore e Parassita” di simpsoniana memoria, o da quelle robe strutturaliste/espressioniste per bambini hipster che qualcuno di noi si è sorbito alla fine degli anni 70.
Creata nel 2009 da Oleg Kuzovkov, Andrei Dobrunov e Dmitry Loveiko, Masha e Orso è una serie che combina l’animazione 2D con la CGI in 3D, realizzata dallo studio russiano Animaccord.
Episodi autoconclusivi da 7 minuti. Trasmesso in 16 nazioni, 50 milioni di visualizzazioni solo sul Tubo russo, e un milione di DVD venduti nel 2012.
La qualità media degli episodi è stratosferica. Il lavoro sulle texture, gli sfondi, le luci, i materiali è eccezionale, compete sullo scacchiere internazionale dell’animazione senza temere niente e nessuno.
La serie è una sorta di riscrittura moderna della celebre fiaba russa di Masha e Orso, e tutti gli episodi sono densi di riferimenti e richiami al folklore e alle tradizioni russe.

Orso è un modello maschile di riferimento. È un ex orso acrobata da circo, suona più di uno strumento, tra cui la chitarra elettrica in stile glam metal anni ’80. Cucina, è esperto di bricolage, modellismo, sa seguire le istruzioni per il montaggio di qualunque cosa, lava, stira, cuce, fa le parole crociate autodefinite, legge romanzi horror, sa fare il mago, usa i wormhole, pattina, scia, guida la motoslitta, scrive, telefona, mette in ordine casa, ristruttura, salda, ha adottato un pinguino, è innamorato di un’orsa, è esperto di tracce, un suo amico è un coniglio che gli frega le carote dall’orto, detesta le armi da fuoco ed è anche scienziato botanico.
Non mi ci metto neanche in competizione con Orso, che tanto ho perso in partenza.

Masha è una bimba che vive in una specie di casa cantoniera sulla ferrovia. Pestifera, capricciosa, ma con un cuore grande così. Buffa, piccolina, distratta, ha bulleggiato tutti gli animali dell’aia e del bosco fino a trovare poi orso.
Sono grandi amici, ed è lei il fulcro narrativo delle avventure della serie.

Samovar.
È quell’affare bellissimo, con il rubinetto, dal quale Orso si serve il tè. Un tipico aggeggio per il tè di un certo tipo che si beve da quelle parti.
Nota per i papà che vogliono fare bella figura anche con le mamme: per dirti quanto è caratteristico e importante quell’aggeggio, Russian Samovar è il nome del locale di Petrovsky, il tipo russo di Carrie in Sex & The City.

Il pesce D’oro.
In una puntata Masha va a pescare con Orso. Tirerà su il mitico pesciolino d’oro che arriva dritto dritto da una fiaba di Aleksandr Pushkin.
La popolare fiaba russa parla di un pesce che esaudisce i desideri del vecchio che lo pesca e lo ributta in mare invece di buttarlo in padella. Figura centrale del folklore della steppa.

Lupi in ambulanza.
I due lupi affamatissimi e sfigatissimi vivono nel rudere di una vecchia ambulanza
Potrebbe essere un gioco di parole con Wolf-Vehicle, nomignolo affibbiato ai veicoli militari sovietici per il soccorso truppe.

Snegurochka!
Quando Babbo Natale, che comunque non è Babbo Natale, ma Ded Moroz (Nonno Gelo), si schianta con la slitta, chiede a Masha e Orso di aiutarlo nella consegna dei regali.
Per farlo, trasforma Masha in Snegurochka, l’aiutante di Nonno Gelo secondo la tradizione popolare russa. Snegurochka è la nipotina di Nonno Gelo, una fatina delle nevi che si attiva per dare una mano al nonno.

La pappa rosa.
Quando Masha si mette a cucinare e fa casino, creando quell’incontenibile blob rosa, quel cibo è una specie di porridge. Dovrebbe essere il Mannaya kasha, un cibo per la colazione dei campioni, a base di farina, cereali e tutto quello che Masha ci caccia dentro.

Le figurine.
A quanto ne so, nel 2014 la Panini ha prodotto una raccolta di figurine di Masha e Orso per il mercato Russo e Ucraino.

Se scopro altro, o se mi informano di altri aspetti aggiungo e correggo.

Ora vado a farmi la doccia.

Su bambini dentifricio e spazzolino
shampoo schiuma bolle di sapone.
Bagno doccia alla sera o al mattino
ogni giorno tutto splenderà.

Lava sempre tutto bene
non rischiare malattie
come chi non fa attenzione lascia sporco intorno a se.
Tutti i giorni fare il bagno
è una cosa naturale
è l’igiene personale ed ognuno sa cos’è

Su bambini dentifricio e spazzolino
shampoo, schiuma, bolle di sapone.
Bagno doccia alla sera o al mattino
sotto il sole tutto splenderà.

Su bambini è una cosa naturale
fare il bagno è un piacere da provare.
Su bambini è l’igiene personale
sotto il sole tutto splenderà!


Serie TV, Televisione

The Knick, stagione 1.

16 dicembre 2014 • By

Si potrebbe recensire in due parole: Figata Maiuscola.
Ecco. Fatto.
Però, mi piace dilungarmi, quindi ti dirò dell’altro.
The Knick è un medical drama retrodatato. Prendi il Dottor House, mescolalo con E.R., aggiungici un pizzico di Grey’s Anatomy, mixalo con Gangs Of New York, Mad Man e Nurse Jackie.
Ecco The Knick, serie medica ambientata nella New York dei primi del ‘900.
È splatter, è bello peso in alcuni momenti, ci sono le donne nude, la ddroga, il crimine, un medico ossessionato dal suo ruolo. Il politicamente corretto è assente, si fa largo uso della parola con la “N” quando ci si appella ai neri, polizia corrotta, amministratori spericolati e capitani di industria con la tuba tipo Uncle Scrooge.
C’è anche una candida, eterea, bianchissima e virginale infermierina che finisce per lordarsi nell’immondo mondo della tentacolare metropoli newyorcana di quei tempi lì.
Clive Owen, immenso. Faccia giusta per il ruolo.
Ricostruzione storica da mandare gli storici in godurioso delirio.
Dato che sono un fissato, sono andato a controllare anche le virgole, e sui libri  c’è tutto quello che viene drammatizzato e narrato negli episodi. Tutto. Da Mary tifoide (minimo) alla rivolta irlandese contro i neri, passando per l’eroina della Bayer e tutte le procedure chirurgiche che si vedono nella serie.
I medici sono ricalcati su figure realmente esistite, la narrazione si fonde con la storia della città e della medicina in un modo per nulla didascalico.
Tutto però, viene comunque ricostruito nel dettaglio. Fin troppo nel dettaglio. Al punto che il “normale modo di fare” ospedaliero del periodo, oggi ci sembra fantascienza distopica.
Hanno girato tutti gli esterni live, a New York, nel Lower East Side. Ed è stato un lavorone aggiuntivo, come dimostra la gallery qui sotto che ho rubato sul Daily Mail.

Dirige Steven Soderbergh, decisamente in forma.

A fare funzionare la serie da un punto di vista drammatico è l’assenza di tecnologia. Il retro datare, l’eliminare tutto quello che consideriamo scontato a livello “medico”, crea un effetto straniante. Avvicina e allontana per repulsa allo stesso tempo. Operano senza guanti, senza antibiotici, senza l’immancabile Risonanza Magnetica e non c’è nessuno che a un certo punto esclama: E’ Lupus!

No, non c’è niente di tutto questo. Ti chiedi come facevano a uscire vivi dagli ospedali del periodo, per poi tornare a una realtà quotidiana ancora più dura e feroce. Alcune situazioni sociali noi le stiamo vivendo ora, con un secolo di ritardo. Il che ti porta per forza di cose a fare dei paragoni con l’attualità e con il tuo contemporaneo. Non è un caso che su molti blog a stelle e strisce The Knick sia stato accusato di razzismo, di maschilismo, di essere eccessivo nel suo politicamente scorretto e di mostrare un protagonista troppo brutto, troppo sporco e troppo cattivo. Loro si sono dimenticati com’erano, da dove sono partiti e forse, sbatterglielo in faccia fa un po’ male.

Se ti piace il genere Medical, e se sei un po’ stufo dei tira e molla tra Callie e Arizona, ecco. The Knick fa al caso tuo. Finale di stagione con il botto, con un gioco di cortocircuitazioni citative che porta direttamente alle stagioni finali del Dottor House. Da vedere insomma.

Figata Maiuscola.


Fotografia, Pseudo Tumblr, Scrittura, Televisione, Tutto Il Resto

Conosci Vivian Maier?

1 dicembre 2014 • By

Premessa: Sky Arte vale da solo ogni singolo euro dell’abbonamento a Sky.
Fine premessa.

Forse ero distratto, forse era una roba passata per giri distanti dai miei giri abituali, fatto sta che di Vivian Maier, e di tutta la leggenda che la riguarda, io non ne sapevo nulla. Niente di niente.
Ieri ho visto il documentario “Finding Vivian Maier”. Ero all’oscuro di tutto e mi è caduta la mascella.
Una storia. Una storia con S maiuscola. Tanto maiuscola che sono qui a controllare le fonti, incrociando dati, cercando di capire un paio di cose perchè, purtroppo, cazzo, il lato fiction di tutta la vicenda è così perfetto, così splendidamente sceneggiato, da farmi suonare l’allarme fake alla JT Leroy.
Per ora no. Per ora sembra tutto vero. Per ora la storia che mi è stata raccontata ieri sembra, con tutta la sua S maiuscola, una storia vera, ed è questa:
Nel 2007, un ragazzotto di Chicago: John Maloof, va ad un asta. Tipo una di quelle che vedi anche tu nelle dozzine di programmi TV in voga ora. Maloof sta scrivendo un libro sulla storia di Chicago e ha adocchiato uno scatolone contenente un bel po’ di vecchi negativi. Spera di trovarci qualcosa di utile per le sue ricerche.
Se lo aggiudica. Torna a casa. Dentro ci trova delle belle foto. Belle, ma non vanno bene per il suo libro. Scansiona alcuni negativi e li mette su Internet.
Di chi ha scattato quelle foto non si sa nulla. Di certo quelle immagini sono potenti, sono foto di strada, scattate presumibilmente negli anni ’50.
Eccone un paio, e clicca per la versione in grande che ne vale la pena.

769_march_1954

Undated, New York

Undated, Chicago, IL

Sì, adesso noi diremmo che c’è un po’ della Arbus e un po’ di Cartier-Bresson, con una spruzzatina di Weegee. Adesso. Non allora. Non quando queste foto sono state scattate.

Maloof si incaponisce. Capisce di avere tra le mani il lavoro di un artista vero. Rintraccia chi ha comprato gli altri oggetti di quell’asta e si ricompra tutto lui. Passano un paio di anni di ricerche incrociate.
Mette assieme i pezzi e scopre che le immagini sono state scattate da una certa Vivian Maier, morta nel 2009. Professione: baby sitter.
Si tratta di circa 150 mila negativi, 3 mila stampe, tonnellate di rullini ancora da sviluppare, film in super 8, ricevute, appunti, vestiti, robe varie. Maloof compra tutto quello che è andato all’asta, ed è presente all’apertura di un self storage dove la signora ha accumulato la sua roba.
Una bambinaia con la macchina fotografica sempre al collo. Una tipa un po’ strana, eccentrica, così la descrivono le persone che l’hanno conosciuta, rintracciate e intervistate da Maloof nel film documentario che ricostruisce e racconta tutta la vicenda.
In sostanza, quella che ora è considerata una delle più grandi fotografe americane del ‘900 è una bambinaia di origini francesi che non ha mai fatto vedere a nessuno i suoi scatti.

Mai. A nessuno.

Undated

Questa storia è raccontata troppo bene. E’ perfetta. Lineare, affascinante. Parrebbe costruita. Sembra sceneggiata da uno bravo, sembra un serial bello e pronto. Soprattuto, al di là della particolare biografia della protagonista c’è la qualità assoluta e riconoscibile della sua passione segreta. La fotografia.
Nessuno immaginava la mole di fotografie scattate da Vivian quasi di nascosto, scatti che ha accumulato assieme ad altri oggetti in scatoloni, valigie, borse e quant’altro.
Sì, una tipa un po’ bizzarra, e uscita abbastanza di testa negli ultimi anni della sua vita.
Così dicono, almeno.

Undated

Tutto questo stride in modo violentissimo con la contemporaneità.
La nostra contemporaneità fatta di condivisione immediata, fatta di autopromozione ossessiva e di: guardami quanto sono bravo legato non solo all’ipotetica opera, ma anche soltanto all’idea che ci stai lavorando a una determinata opera.
Di artisti che hanno raggiunto la fama dopo aver raggiunto l’altro mondo ce ne sono un casino. Ma qui la questione è differente, se vuoi più complessa.
Quando Vivian Maier era viva, nessuna sapeva realmente chi fosse, nessuno era a conoscenza del suo passato e nessuno aveva idea che fosse una fotografa.

Undated, New York, NY  1954, New York, NY

Cazzo, parliamone un momento. Chiunque realizzi uno scatto come quello qui sotto oggi fremerebbe dall’impellenza di farlo vedere a tutti ancora prima di metterci un filtro di Instagram.

April 19, 1971. Chicago, IL

Vivian invece no.

Di lei Maloof dice: “She was a Socialist, a Feminist, a movie critic, and a tell-it-like-it-is type of person. She learned English by going to theaters, which she loved. … She was constantly taking pictures, which she didn’t show anyone.”

Qui c’è il sito su di lei, messo in piedi da Maloof.
Ci trovi tutta la storia e parecchie gallery portfolio. Ci sono molti autoscatti, dove la vediamo riflessa nelle vetrine e negli specchi.
Così possiamo dare un volto ad un autentico mistero del ‘900.
Una bambinaia di origine francese, un po’ stramba, che girava sempre con una macchina fotografica al collo.


Televisione, Tutto Il Resto

Rosetta, la cometa, il TG4 e il giornalismo.

13 novembre 2014 • By

Per prima cosa, mi dispiace dirtelo, ma devi guardare un video.
Un servizio del TG4, firmato da Mauro Buffa, sulla missione dell’ESA che ha portato con successo una sonda europea sulla superficie di una cometa.

 CLICCA QUI PER VEDERE IL VIDEO.

Siccome sono uno stronzo, eccoti il testo completo, che ti ho sbobinato con gaudio e tripudio.

“Se c’è un corpo celeste che ci affascina come e forse anche più della Luna questo è una cometa. L’astro con la coda luminosa visibile anche di giorno.
Uno passò sopra la natività.
Uno si è visto con sorpresa e stupore giusto l’anno scorso a Novembre.
Non lo sapeva quasi nessuno ma è dal 2004 che l’Ente Spaziale Europeo lavora per rovinarci questa immagine. 10 anni fa è stata lanciata la sonda Rosetta, e dopo un lunghissimo viaggio solitario
adesso è arrivata alla cometa 67P a più di 800 milioni di Km dal sole.
Ecco le immagini nude e crude che ci manda. Un grosso sasso polveroso. Su questo sasso fra poche ore scenderà un robot, farà un buco nella superficie e fa quasi male sapere che il trapano è stato costruito in Italia.
Un sasso.
Un sasso e niente più, nemmeno il mistero terribile, malefico, dell’asteroide del film Armageddon.
Gli scienziati sono quasi gli unici ad eccitarsi, la missione Rosetta, spiegano, ci svelerà segreti sull’origine della vita. Probabilmente la vita è arrivata sulla Terra proprio sulla coda di una cometa.
Una missione costata fin ora più di 100 milioni di euro, francamente troppi anche per recuperare un reperto archeologico dell’universo.”

Non mi ero accorto che in forma scritta, fa ancora più cagare impressione che in forma orale. Comunque sia…

Diegozilla editor mode on.
Se c’è un corpo celeste che ci affascina come e forse anche più della Luna questo è una cometa. L’astro con la coda luminosa visibile anche di giorno.
Caro Buffa, se dici “la” Luna, dovresti dire anche “la” cometa, non “una”, ma al di là di quisquiglie legate alla lingua italiana… La cometa non è l’unico corpo celeste visibile anche di giorno. Anzi, è giorno appunto perché è visibile un gran corpo celeste. Si chiama sole, è quello che ti brucia la panza se non metti la protezione 50.
Uno passò sopra la natività.
Uno si è visto con sorpresa e stupore giusto l’anno scorso a Novembre.
Vallo a dire a un buddista “passò sopra la natività” e vediamo che faccia fa. In un pezzo teoricamente scientifico non puoi mettere lì dei concetti non verificabili storicamente o scientificamente. Ma soprattutto, non puoi paragonare la leggenda della stella cometa della natività, con un avvistamento documentato come quello della cometa ISON dell’anno scorso. O la cometa di Haley, o le altre mille comete scientificamente mappate e documentate.
Altrimenti io potrei commentare uno studio oceanografico sugli squali citando Sharknado, che è la stessa cosa. (Okay, tu dopo mi parli di Armageddon. Ergo, non ho alcuna speranza di farti capire le mie note da editor)
Non lo sapeva quasi nessuno ma è dal 2004 che l’Ente Spaziale Europeo lavora per rovinarci questa immagine.
Sei, in teoria, un giornalista. Per cui se non lo sapeva quasi nessuno è colpa tua.
Non ho comunque capito quale immagine ci stanno rovinando.
Quella della natività rimane comunque intatta nel presepe, no?
Ho bisogno di qualche aggettivo in più e di qualche cazzo di concetto per capire che immagine ti sta rovinando l’ESA con la sua missione.
Ecco le immagini nude e crude che ci manda. Un grosso sasso polveroso.
Ci sei rimasto male quando nel 1969 abbiamo scoperto che la Luna non era fatta di formaggio, vero?
Su questo sasso fra poche ore scenderà un robot, farà un buco nella superficie e fa quasi male sapere che il trapano è stato costruito in Italia.
Sapessi che male fa a me sapere che cosa hai scritto tu come professione sulla carta di identità…
Comunque sia, era meglio se il trapano lo costruivano da qualche altra parte del mondo?
Oppure, in un perverso giro di parole mi stai dicendo che: l’Italia contribuisce al rovinare il mito poetico della cometa con il suo trapano. Perché noi andiamo bene per suonare il mandolino, ma non per trapanare comete, giusto?
Un sasso.
Un sasso e niente più, nemmeno il mistero terribile, malefico, dell’asteroide del film Armageddon.
Ed eccoci qua. Mescoli scienza, mitologia e fiction. Un salto dialettico notevole. Anche se, mi dispiace, ma l’esempio è sbagliato. Anche l’asteroide di Armageddon era solo e soltanto un cazzo di sasso. Ci si sacrifica Bruce Willis, ci regala una serie di bellissimi primi piani su Liv Tyler piangente, ma comunque era un cazzo di sasso anche lui.
Gli scienziati sono quasi gli unici ad eccitarsi, la missione Rosetta, spiegano, ci svelerà segreti sull’origine della vita. Probabilmente la vita è arrivata sulla Terra proprio sulla coda di una cometa.
Penso a come si eccitava il tuo ex direttore e preferisco gli scienziati, sai?
Una missione costata fin ora più di 100 milioni di euro, francamente troppi anche per recuperare un reperto archeologico dell’universo.
Quindi, oltre che giornalista sei anche revisore di conti?
Sai esattamente quanto deve essere il budget per una missione simile, ne conosci ogni singola voce e ogni singolo fornitore?
Oppure è solo una tua supposizione?
Non credo, perché dici “francamente”, per cui la tua è un’opinione basata sui fatti, sui conti, sui bilanci e sulle comparazioni economiche che hai fatto con missioni simili.
Suggerimento: quella di Armageddon non vale, lo sanno tutti che Michael Bay è uno spendaccione.
Diegozilla editor mode OFF.

Concludendo: Fuga di cervelli? Scienziati italiani che vanno all’estero?

FATE BENISSIMO.