Matteo, nei commenti un paio di post qui sotto, mi chiede di spiegare come gestisco tutto il materiale di documentazione necessario per elaborare una storia.
Facciamo un paio di premesse.
Scrivendo fumetti, ci sono “due tipi” di documentazione, riassumibili come: “lavoro di ricerca” e “referenze fotografiche” per il disegnatore.
Partiamo dalle referenze fotografiche, che è più semplice.
Sottopremessa: Nel mio lavoro non ci sono regole universali. Per cui non è detto, non è obbligatorio, non è scritto da nessuna parte che uno sceneggiatore sia obbligato a fornire al suo disegnatore tutti i riferimenti fotografici che servono per quella determinata storia. Io lo faccio, l’ho sempre fatto, e lavorando a stretto contatto con Boselli ho visto che lo fa anche lui. Per cui, su Dampyr lo facciamo.
In genere funziona così: In coda alle tavole di sceneggiatura, c’è un ciccioso fascicolo di fotografie inerenti alle scene descritte prima. I vari blocchi di fotografie sono in ordine cronologico con la sceneggiatura, spesso c’è scritto la tavola e la vignetta a cui si riferiscono. Nella sceneggiatura, dopo la descrizione scrivo proprio: vedi foto A34, oppure: guarda la foto indicata come “scannagatti”. Se la documentazione è tanta, le foto sono raccolte in blocchi tematici.
Mi spiego meglio. Il prologo di una storia che sto scrivendo è ambientato nei giorni precedenti allo sbarco dei marines a Ivo Jima. Nella documentazione fotografica, c’è un faldone il cui titolo recita: Tutto quello ti serve per il prologo guerresco. Contiene le foto delle divise, degli armamenti, dei mezzi, dei marines e dei giapponesi, dei bunker, ci sono panoramiche e dettagli delle isole del pacifico. Foto delle facce dei soldati, foto dei soldati della seconda guerra mondiale in azione nel pacifico e via discorrendo.
Più o meno, per un prologo di undici pagine, ci sono una cinquantina di pagine di documentazione fotografica. Preferisco allegare delle foto storiche vere, piuttosto che immagini tratte da film di guerra.
Perché nella mia testa, in questo modo, il disegnatore può interpretare il “vero” e trasformarlo in “fiction”, piuttosto che partire dalla “fiction” rielaborandola.
Quando le referenze fotografiche diventano troppe? Quando si esagera?
Di solito è il buon senso che me lo dice. Ammetto che qualche volta, in passato, ho esagerato. Comunque dipende molto dal tipo di storia e dal disegnatore con cui sto lavorando.
Mettiamo che sto facendo un fumetto con Rosenzweig. Io e Maurizio siamo entrambi esperti in arti marziali. E’ chiaro che se in una scena uno para il calcio di un altro e lo stende, se scrivo per Maurizio io gli dico: Vignetta 1: Para il calcio anticipandolo in stile wing chun. Vignetta 2: entra in progressione. Vignetta 3: colpisce alla gola. Per Mauri è tutto chiaro, non ho bisogno di dirgli altro.
Ma, se il disegnatore con cui sto lavorando non è un esperto, dovrò fornirgli degli esempi, se voglio che il personaggio usi delle particolari tecniche di lotta.
Una volta, per una scena di combattimento in cui personaggio A, disarmava il personaggio B da un bastone, sono andato nello studio di Ferrario, gli ho dato in mano un manico di scopa, e gli ho fatto vedere fisicamente come si fa.
Tutte le foto che raccolgo per questo tipo di documentazione, alcune le butto via. Altre le conservo, catalogandole per tipologie.
Conservo soltanto le foto di oggetti, armi, mezzi, vestiti, divise e via discorrendo. Invece butto via le foto con scorci di città, luoghi o ambientazioni specifiche. Perché?
Per non correre il rischio che in due fumetti diversi ci siano, per esempio, gli stessi scorci della medesima città, e per non ripetere le atmosfere o le scene.
Come si trovano quelle cose lì?
Prevalentemente uso la Rete. Dimenticati la ricerca immagini di Google italiano. Usa quello americano. Leva tutti i filtri di ricerca. Parti da una semplice ricerca per immagini e poi approfondisci i siti che ti indica. Panoramio è ottimo per le foto ambientali, per esempio.
Poi, ho chiaramente i miei siti segreti che non svelerò.
Tutto questo lavoro è collegato al lavoro precedente, quello di ricerca, quello che viene fatto nella fase di elaborazione del soggetto. E lì non si tratta “solo” di fotografie, ma è proprio un lunghissimo lavoro di analisi e studio, simile a quello di un archeologo che inizia a scavare per portare alla luce lo scheletro di un Tirannosauro. Solo che nel nostro caso, la terra da scavare è l’immaginario personale e globale, e il Tirannosauro è una storia da raccontare.
La documentazione che serve per scrivere una storia è strettamente collegata al come mi viene in mente una storia e al come elaboro la trama.
E’ un discorso lunghissimo, che affronterò nel prossimo post.
Nota aggiuntiva per te che non leggi fumetti:
In effetti sì, ci sbattiamo un casino.