Browsing Tag

Fumetti Recensioni

Fumetto

La via raggiante del Kung Fu infinito.

4 settembre 2013 • By

Per ovvie ragioni legate alle mazzate e ai calci in faccia questa è stata per me una lettura obbligatoria. I ben informati mi avevano avvisato un po’ di tempo fa:
- Mattù che stai scrivendo Long Wei lo sai che in ammerica esce questa figata qua?
Ora, nell’edizione cicciona della Panini, me lo sono letto tutto in italico idioma.
Un volumazzo di proporzioni ragguardevoli, per una lunga storia di Kung Fu e schiaffi velenosi.
Quando uno sta lavorando a qualcosa e viene avvisato che, dall’altra parte del mondo, qualcun altro sta lavorando sullo stesso genere, c’è sempre un po’ di tensione.
Che cosa farà?
Quanto saremo simili?
Il bello, quando entra in campo l’immaginario personale, è che quasi sempre le distanze tra i due prodotti sono siderali.
Il Kung Fu può essere considerato un macro genere coniugabile in mille modi diversi. La prova è nelle differenze profonde tra Infinite Kung Fu e Long Wei.
Io e Kagan McLeod non ci conosciamo, ma a quanto pare siamo venuti su guardando gli stessi film di arti marziali tamarre anni ’70. Non so se anche lui è stato un praticante come me, ma di sicuro ci siamo saziati al grande banchetto del cinema action di Hong Kong e non solo.
Eppure, quei medesimi semi narrativi hanno dato frutti completamente diversi.
Infinite Kung Fu schiaccia l’acceleratore a tavoletta sulle componenti più estreme e “fantasy” del wuxiapian.
Siamo nel Mondo Marziale, un contesto un po’ da Ken il Guerriero, un po’ da Shaolin Cowboy, dove le arti marziali e la filosofia monastica Shaolin regnano su tutto.
Nessun’arma tecnologica. Solo Kung Fu.
Maestri, allievi, leggende, colpi mortali, ossa che vengono proiettate fuori dal corpo per la potenza dei colpi ricevuti.
Il tutto è molto annisettanta e io, personalmente, l’ho trovato molto più black che china. È una sorta di blaxploitation estrema, piacevolmente violentissima, supportata da una filosofia raggiante che amalgama e orientalizza il tutto.
Sono “I Briganti” di Magnus che incontrano Robert Clouse e Jim Kelly, passando per gli studi della Shaw Bros.
Lo stile di disegno di McLeod è molto stradale, efficace e dinamico dove deve esserlo.
Una lettura molto piacevole, obbligatoria per gli amanti del genere, forse un po’ troppo specialistica per chi di Kung Fu non sa nulla, e non ha mai visto nemmeno un film di Chang Cheh.
Ma va bene così. Da qualche parte bisogna pur iniziare!

Kagan McLeod
LA VIA RAGGIANTE DEL KUNG FU INFINITO
Panini 9L
17×24
464 pp.
€ 29.00
Panini Comics


Fumetto

Neonomicon, quei tentacoli nella barba di Alan Moore.

9 novembre 2011 • By

Non è mai una cosa facile parlare del lavoro di alanmùr. Non per me. Non mi è facile leggerlo, figurati recensirlo. Dopo aaanni di letture, immaginami satollo di tutta la sua fiera delle meraviglie metatestuali di ri-scritture, di re-visioni, di de-costruzioni, e di tutto il suo corredo nuziale di pizzi e merletti immaginifico narrativi.
Ora gli integralisti della Chiesa Di Alan Dei Minutemen Degli Ultimi Giorni, verranno a prendermi sottocasa e mi puniranno severamente. Lo so già. Nei commenti a questo post dovrò sorbirmi delle lezioni sulla vita, la scrittura, l’universo e tutto quanto.
E’ chiaro che, come sceneggiatore di fumetti, quando leggo un lavoro di Moore rosico un sacco. Ma vorrei essere chiaro su un punto: a farmi rosicare non è quello che scrive, ma è quello che gli permettono di scrivere. La differenza è sottile, forse impossibile da spiegare ad un integralista, ma sono sicuro che chi può capire ha capito.
Come un intollerante al lattosio che si tuffa consapevole in una forma di Parmigiano, mi ritrovo a leggere Neonomicon.
In teoria un lavoro minore di Moore, pubblicato da una casa editrice in teoria piccola, la Avatar. Disegnato, sempre in teoria, non da uno degli dei dell’Olimpo del comicdom, ma dal “semplice” Jacen Burrows.
Tutto in teoria, perché in pratica Neonomicon ti prende e ti mena più forte di altri capolavori-conclamati della vasta produzione mooresca.
Inizi a leggerlo. Qualcosa che si agita nei meandri narrativi del come viene raccontata la storia, ti artiglia e ti impedisce di mettere giù il volume. Non puoi. Devi andare avanti, devi finirlo, devi completare quel percorso perverso.
E’ sconcertante la leggerezza con cui l’orrore frana e dilaga pagina dopo pagina. L’universo di Howard Phillips Lovecraft, tradotto in tavole da Moore e Burrows diventa l’ applicazione narrativa del mito. In purezza, direbbe uno chef.
Ed è tremendo. Nel senso buono e lovecraftiano del termine.
Neonomicon è una storia di genere, il lavoro metatestuale è stato fatto sul motore e non sulla carrozzeria. Come tutte le storie di genere che non fanno pimp sulla carrozzeria può tradire in alcuni passaggi, perché siamo nel 2011 e riuscire a mantenere la sospensione dell’incredulità per 160 pagine è un lavoraccio anche per zio Alan.
Eppure, dal prevedibile, riesce a uscirne con una sequenza tanto favolosa quanto tremenda. Sempre nel senso buono e lovecraftiano del termine.
Che cosa succede e come viene raccontato, trasformano la sequenza finale del secondo capitolo in un velenifero cioccolatino di tecnica narrativa. Un orrendo dolcetto di sceneggiatura, con un gioco di soggettiva/oggettiva, di vedo/non vedo che personalmente ho vissuto come un omaggio al senso più puro dello stile lovecraftoso, quello del non vedere mai nel dettaglio l’orrore che arriva e ti fotte.
Nel suo complesso è una lettura agghiacciante, un vero horror per mature reader, che funziona in maniera del tutto indipendente da una pregressa conoscenza di Lovecraft. Anzi, forse funziona meglio se non ne sai niente di niente di Grandi Antichi, di Cthulhu e compagnia bella.
Apri il volume e lasciati terrorizzare da un Alan Moore in splendida forma.

NEONOMICON
Alan Moore, Jacen Burrows
Cartonato 15,7 x 23,6
Pagine: 160
17.00 Euri
Bao


sitcon6
Fumetto, il circolino del fumetto assassino, Io e i fumetti

Il secondo numero del Male.

18 ottobre 2011 • By

C’è una doppia pagina con un illustrazione di Perini. Titolo: Infoinferno.
Una panoramica di inferno tecnologico con diavoli che ti inchiappettano con cavi USB, dannati che baciano lo schermo di uno smartphone, una che urla con quattro braccia e quattro telefoni, tastiere sulla schiena, un mare di cavi e cavetti (è un inferno non wireless, evidentemente) e cose così. Uno scorcio di tecnologia dannata, nel girone infernale delle diavolerie elettroniche.
Olè. Evviva. Siamo tutti schiavi della tennologgia, bla bla bla, satira mannara su questa società iperconessasovratennologicizzata.
Ecco. Bravo Perini. Non è che voglio fare il rompiballe per forza, però…
Mi sfugge il “senso” di un’illustrazione come Infoinferno pubblicata su una rivista che ospita, per tre quarti, dei contenuti che arrivano direttamente o indirettamente dalla Rete.
Capisco che “Cargo Cult Today” e “Nostalgia della cartacarbone” non siano più in edicola da tempo, però un pizzichino di coerenza non guasterebbe.
Satira. Io ero rimasto che la satira arriva e tira mazzate molto precise. La satira è diretta, frontale, personale. La satira è documentata, ed è il contrario del luogo comunissimo che viaggia sul sentito-dire. Vogliamo muovere una critica ferocissima e urlare Infoinferno?
Ci sto. Va bene. Allora criticami sull’uso che viene fatto della tecnologia, non sulla tecnologia in sé.
Quelli sono soltanto oggetti. Criticami per come li adopero. Dimmi che sono un coglione perché uso uno strumento potentissimo per divulgare i miei rutti su You Tube. Critica le aziende per come li producono. Dimmi che per ogni App che crasha, si suicida un operaio della Foxconn.
Dimmi quel che ti pare, ma non puntare lo austero dito conto lo dimonio tennologico. Altrimenti a me viene in mente Tommaso Caccini che denuncia Galileo.*

*Non mi ricordavo più il nome di quellollì, o forse non l’ho mai saputo. Indovina dove l’ho pescato? Sì, nell’Infoinferno, nel girone di Wikipedia.


Fumetto, Io e i fumetti

Il fumetto che volevo leggere…

23 settembre 2011 • By

L’11 marzo ho detto che mi sarebbe piaciuto leggere il fumetto che vedi qui sopra.
Con estremo gaudio e tripudio sono lieto di annunciare che l’ho letto!
Sì!
Olè!
Ecco la prova fotografica attestante che mica dico balle:

Fingers of fear!
Sceneggiatore non accreditato.
Matite di Carmine Infantino. (Urca!)
Chine di Joe Giella.
Otto pagine dense di orrore, stupore, odore, terrore, vendetta e rancore.
Il plot è a dir poco eccezionale. Un bastardissimo coi baffetti alla Clark Gable è nella foresta del Mato Grosso con 5 suoi amici. Trovano un favoloso tesoro. Il perfido baffetto lo vuole tutto per sè e uccide i suoi compari. In cinque maniere diverse.
Torna a casa, ricco ricchissimo. Ma gli indios lo hanno maledetto! Per scappare ha attraversato un fiume proibito! Il risultato è che gli spiriti dei suoi 5 amici possiedono le dita della sua mano sinistra. Le dita hanno le stesse facce e le stesse cannottiere che avevano i suoi amici quando erano in vita. Vogliono vendicarsi. Tentano di ucciderlo come lui ha ucciso loro. Pistola. Bastone, etc…
Lui lotta con la sua mano sinistra. Sopravvive ai diversi attacchi. Ma poi… Poi finale a sorpresa con doppio finale a codino nell’ultima vignetta.
Un capolavoro, ristampato recentemente su The Witching Hour, volume 1, volumazzo imperiale Showcase DC.

Lo stile è un grande classico dell’horror a fumetti ammeregani di una volta. Quello adorabile e naif. Con la morale finale e il colpino di scena all’ultimissimo secondissimo.
Tutto il volume è una gran bella lettura. Giusto per la cronaca ci sono Alex Toth, Neal Adams, Gil Kane e altri pezzi grossi. Gli sceneggiatori, purtroppo, sono per la maggior parte unknown.
Vabbè, pazienza. Non si può avere tutto.
Ringrazio Davide Gianfelice, compare di studio, per avermi regalato il volume!


Fumetto

Sabato al Nerd Pride!

11 settembre 2011 • By

Come è andata?
Umh, benino. Nel senso: io e Tito abbiamo perso il Quiz, dopo aver dominato per lunga parte del gioco. sigh!
Tre squadre. Tito e il sottoscritto. Roberto e Diego Zucchi in sostituzione di Stefano Priarone. Micol e Paola.
Varie prove, pulsanti da schiacciare, videi da vedere, questo e quell’altro.
Mi cospargo il capo di cenere e mi metto in ginocchio sui ceci per aver fatto casino nel gioco degli attori, eliminando tutti e facendo finire il gioco prestissimo.
Il gioco era figo. Uno dice il nome di un attore e il concorrente successivo deve dire il nome di un secondo attore che ha recitato con il primo e un quale film. E via così a catena, fino a quando uno non sa rispondere o sbaglia.
Paola mi passa Tom Hanks, dopo aver ricevuto (mi sembra) Meg Ryan da Micol.
In quel momento l’unico che mi veniva in mente era Tom Sizemore in Salvate il soldato Ryan.
E ho fatto un disastro. Chiedo perdono per la mia poca sportività. Comunque, Nerd Zeus mi ha punito, e le ragazze sul finale ci hanno stracciato dibbrutto.
Allora, primo posto: Roberto e Diego Zucchi, secondo posto Micol e Paola, terzo posto io e Tito.
La cronaca fedele della fase finale la trovi da Deboroh, cliccando qui.
Per riprenderci dalla delusione, io e Tito siamo saliti sul palco Air Band, dove ho vinto per acclamazione.
Poi giretto al Movieland. Quello che è successo nella Horror House è coperto da segreto, mentre Magma 2 è l’attrazione più divertente sulla quale sono mai salito.
Un mega grazie a Simone Bazzanella per aver organizzato il tutto!
Il caldo pomeriggio diventava sera, il parco chiudeva e ciaociao tutti a casa. Invece no, all’improvviso: estemporanea zingarata.
Un piccolo manipolo di eroi si è spostato verso Gardaland, per continuare lì la serata.
Spongebob 4D mi ha cambiato la vita, e niente sarà mai più come prima.
Ma sul Raptor non ci salirò mai e poi mai.