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Io e i fumetti

Michel Vaillant, la Gazzetta e il suo traduttore.

29 novembre 2012 • By

Michel Vaillant è uno di quei fumetti che ho sempre visto e mai frequentato.
So chi è, so che cosa fa, so che è importante, ma non ho mai letto neanche uno dei mille tomi pubblicati fino a oggi.
Sarà anche l’argomento: l’automobilismo. Per me la macchina è un coso che mi deve portare da “A” fino a “B”. Basta. Ci metto la benza, e ci cambio l’olio quando mi ricordo.
La Formula Uno l’ho vista una volta. A casa di mio cugino a Como, più o meno a metà degli anni ’80.
Fine del mio rapporto con l’automobilismo.
Poi mi dicono che Michel Vaillant uscirà in allegato con la Gazzetta dello Sport. E io mi dico: mi sa che sono soltanto io a non averlo mai letto.
Perchè non l’ho letto mai mai? Non è che mi sono perso qualcosa?
Quando ho le ignoranze, di solito io chiedo aiuto a chi ne sa di più.
Dato che il mondo è piccolo, conosco molto bene Marco Farinelli.
Suo nonno aveva Enzo Ferrari per meccanico. Suo cugino è l’unico italiano ad aver vinto il Gran Premio di Monza alla guida di un Rossa (credo, eh, poi controllo meglio!) ma sopratutto: è lui che traduce Michel Vaillant.
Poi mi sono detto: Perchè non si intervistano quasi mai i traduttori?
Ho rimediato.

Dato che non ne capisco una mazza di motori e i cartonati francesi li spacco contro gli angoli, mi spieghi perchè Michel Vaillant è figo?
Discorso Michel: Perché riesce ancora oggi a veicolare valori antichi senza sembrare ridicolo. Michel Vaillant è un personaggio con i pregi del vecchio Superman senza averne i difetti. Come ci riesca lo sa solo lui.
Discorso motori: Uno degli elementi di forza della serie è proprio quella di riuscire a rendere protagonisti alettoni, piste e regolamenti anche per un profano. Come ci riesca, lo sa solo lui.
Discorso cartonati francesi: Arredano molto meglio dei Bonelli. Come si faccia a tenere nella propria cameretta il faccione deforme di Brad Barron lo sapete solo voi!

Che cosa hai fatto nell’edizione di Michel Vaillant in edicola con la Gazzetta?
Ho dato italica voce ai loquaci pupazzilli che si aggirano per le vignette. Con la preziosa consulenza tecnica e storica di Gianfranco Castellana, mi piace precisare.

E’ stato difficile tradurre e adattare il fumetto all’epoca contemporanea?
Uff… in realtà no, perché Graton, il papà di Michel, ha cercato sin dall’inizio di rivolgersi ai lettori con un linguaggio molto diretto, evitando quei toni didascalici ancora in voga in quegli anni (Michel nasce sul finire degli anni ’50). Anzi, è stato anche questo elemento di freschezza a contribuire al suo successo.

Quanto è cambiato il linguaggio?
Vedi sopra. Essendo “avanti” rispetto ai suoi contemporanei, anche le sue avventure più datate non “suonano” vetuste. In quelle situazioni Michel si poneva più come un fratello maggiore che come un nonno o un genitore, tanto più essendo figlio e fratello minore all’interno del cast. Le avventure recenti, naturalmente, non pongono alcun problema.

Quanto incide il lavoro di un traduttore su un’opera come questa?
Molto poco. Graton ha una “tono” ben preciso, forte, che fa parte di un messaggio complessivo che va solo rispettato. Il contesto internazionale in cui si muovono i personaggi, poi, ha scongiurato tanti francesismi. Nelle avventure a cavallo del ‘60 avrò dato una spolverata qua e là, e ogni tanto avrò snellito qualche dialogo riepilogativo risalente alla prepubblicazione a puntate… troppo poco perché si possa parlare di “incidere”. Ahhh, perché queste domande non me le fanno quando traduco Goscinny o un’opera Vertigo?

E’ vero che ti è andata di lusso perchè Vaillant è uno dei tuoi personaggi preferiti?
Oggi sì. Un tempo no, non lo era… come poteva? Per lui la Ferrari era un’avversaria da battere! Molte sue avventure riesco ad apprezzarle solo ora, da bambino ero accecato dal tifo! Però c’era già Steve Warson… e alcune delle sue tecniche di rimorchio funzionano! Giuro!

Che rapporto hai con lui?
Più che con il personaggio, con la serie. La serie è una vecchia compagna, a tratti un po’ magica. Michel corre su circuiti “veri”, contro piloti “veri”, con macchine “vere”… e questo da anni e anni, aggiornandosi costantemente (meglio non interrogarsi sulla sua età)… insomma, le sue avventure sono legate a tanti “presenti” coesistenti con i miei, con quelle più vecchiotte che diventano a quel punto altrettante petites madelaines che mi fanno letteralmente ripiombare accanto a mio nonno per fare il tifo davanti a un televisore in b/n… o rivivere l’emozione della prima F1 vista a colori dai miei cuginetti… e così via, fino ai giorni nostri. Risvegliando non ricordi, ma quelle stesse precise sensazioni.

Va bene, mi hai convinto. La prima uscita la prendo.

Ricapitolando:
Michel Vaillant: dal 5 dicembre, ogni mercoledì in edicola con la Gazzetta. Prime tre uscite a 1 euro, le seguenti tutte a 2,99 euretti.
Maggiori info cliccando qui!


Io e i fumetti

Zombie Gay in Vaticano, intervista doppia!

12 gennaio 2012 • By

A chi?
A Davide La Rosa e a Vanessa Cardinali.
Zombie Gay in Vaticano (abbreviato Zogiv) è stato il superbestseller della scorsa edizione di Lucca Comics. Tiratura esaurita e ristampa fatta al volo per dissetare gli assetati.
Il volume, autoprodotto, adesso lo puoi ordinare mandando una mail a questo indirizzo: [email protected]
Te lo portano a casa le suore ninja.
Zogiv mi è piaciuto un bel po’. E’ un fumetto denso di un umorismo verso il quale, per dirla come uno che ha studiato, provo un senso di affinità.
Davide, per chi non lo sapesse, domina internette con il suo blog Mulholland Dave, dove pubblica quotidianamente i suoi fumetti “disegnati male”.
Vanessa invece, dopo aver vinto il Lucca project contest nel 2008, bazzica tra il mercato francese e quello americano.

Da tre quarti d’ora sto pensando a una battuta sagace e intelligente con cui cominciare l’intervista. Non mi viene. Siccome che sei bravo, allora pensavo che potevi farne una tu e poi cominciamo.

D: Ed io che pensavo che manco sapessi che io stessi al Mondo… ora mi viene l’ansia da prestazione perchè mi hai detto che sono bravo a dire cose sagaci. Ora mi agito e comincio ad esprimermi come l’ex batterista dei Pooh. 

Eccociqua.
Tutte le interviste che ho letto cominciano sempre con dei cenni biografici sull’intervistato.
Secondo te è importante?

D: Sono nato a Como il 23 Giugno del 1980. Sono un gran frustrato. Un giorno, spero un mercoledì, morirò… ho sempre sognato di morire di mercoledì. 

V: Bè, magari qualcuno vuole saperlo, quindi:
29 anni, disegno da quando copiavo il Daitarn III dalla tv.
Ho studiato tutt’altro per gran parte della vita, fino al 2005 quando mi redimo e mi iscrivo alla
Scuola Internazione di Comics a Jesi. Vinco il Lucca Project Contest nel 2008 e da li pubblico un po’ qua e un po’ la, senza nessuna intenzione di smettere! 

Inizio subito con tre domande cattive:
Hai un blog con dei fumetti “disegnati male”, che viene letto mediamente da più di duemila persone al giorno. Come ci si sente?

D: Fa piacere… proprio tanto piacere… ma c’è il rovescio della medaglia. Un sordido rovescio di una medaglia impomatata: nonostante le visite, per i canali ufficiali del mondo del fumetto, io non esisto. Mi sento molto come il primo Cristicchi: “Un panchinaro condannato allo Stand-by” (c’è gente che cita, coso, Jim Morrison e io cito Cristicchi… mi faccio pena da solo). 

Quelli che fanno “fumetti disegnati bene” rosicano un po’?

D:Non rosicano per niente. Anzi. Non mi considerano neanche un po’ e secondo me ringraziano il loro Dio di non essere me. Di solito quando mi vedono alle fiere mi guardano dall’alto in basso con il sorrisino tipico di chi dice: “Oh, guarda, c’è quello che gioca a fare i fumetti”. Non tutti, eh, ci sono pure quelli che mi vogliono bene a cui piacciono le cose che faccio… ma diciamo che, di me, il mondo del fumetto, al 76%, se ne frega… Il motivo? Molti, soprattutto quelli del settore, considerano il fumetto solo se disegnato bene. Mentre il fumetto è un’amalgama tra disegno e testo. Uno deve essere funzionale all’altro. E poi, e qui parlo da sceneggiatore (o presunto tale), senza una buona storia il disegno è fine a se stesso (sono un fan della trama e dei messicani… ma in questo contesto solo della trama)… uno mi potrebbe dire: “Eh, hai scoperto l’acqua calda” sì, ok, è una cosa ovvia ma qualcuno lo dovrebbe fare capire a quegli editori che si ostinano a pubblicare un sacco di cose belle graficamente ma con delle storie orrende. Per molti il fumetto è solo disegno. E poi c’è da dire che io faccio fumetti comici (ci provo)… il fumetto comico, in Italia, è considerato di serie B (a parte Rat-man). Per gli editori italici la serie A è il fumetto intimista: centinaia di fumetti intimisti la maggioranza dei quali è tutti uguali l’uno con l’altro: storie tristi di gente triste con un passato triste che alla fine ce l’ha fatta perchè ha imparato come scrivere storie tristi.

Che rapporto hai con i tuoi lettori?

D: Sono grato in maniera smisurata ai miei lettori. Sono gentilissimi con me. Rispondo a tutti e li ringrazio sempre quando mi commentano (delle volte per questo mi prendono per scemo)… sono ringraziamenti sinceri. I miei lettori sono persone che usano minuti della loro vita per leggere ciò che faccio e commentare. Nessuno gli ridarà indietro quei minuti di vita… come potrei non essere riconoscente?

Come si arriva da Mulholland Dave al volume: Zombie Gay in Vaticano?

D: La cosa è così. Io volevo fare lo sceneggiatore ma nessuno voleva disegnare quello che scrivevo e così, nel Giugno 2005 incoraggiato da Emiliano Mattioli, decisi di aprire il blog e disegnare male (visto che non so disegnare) le storie che avevo in mente. Il problema è che una grossa percentuale di storie non la posso comunque fare perchè prevedono cose che non so fare: combattimenti, prospettive e, soprattutto, gente che si muove). Così alcuni fumetti li faccio disegnare da Vanessa (storie che ci vengono puntualmente scartate da tutti gli editori del pianeta… in virtù di ciò “Zombie gay in Vaticano” ce lo siamo autoprodotti). 

V: Poi un giorno mi chiama Davide con una storia con gli zombie gay, suore ninja, alieni e robot messicani. Seriamente, chi avrebbe detto di no? 

Come hai affrontato Zogiv?

V:In realtà con molta tranquillità. Era un po’ che non lavoravo a una storia “lunga” e avevo proprio bisogno di passare l’estate con qualcosa del genere con cui divertirmi!
Poi era anche la prima volta che mi cimentavo con una storia senza colore ma solo per il bianco e nero, quindi anche quella è stata una bella sfida.

Che posto occupa nel tuo curriculum editoriale?

V: Credo sia l’albo che ha venduto di più e in meno tempo! 

Come è stato il passaggio da autore-che-fa-tutto-da-solo a sceneggiatore?

D: E’ stato bello perchè finalmente, come ho scritto nella risposta alla domanda precedente, ho fatto quello che ho sempre voluto fare: lo sceneggiatore. E’ anche liberatorio: ho potuto realizzare cose che prima non potevo fare… è stato come passare in un colpo solo dal dagherrotipo alla reflex. 

Che tipo di sceneggiatura hai dato a Vanessa?

D: Io con le sceneggiature vado sul “Classico”: tavola per tavola; vignetta per vignetta. Ho lasciato comunque mooolta libertà a Vanessa nello stravolgere la tavola perchè lei ha un buona visione di insieme e sa come fare. Le ho dato solo due regole: evitare le freccette (quelle che indicano il senso di lettura nelle tavole montate male) e di rispettare la griglia in alcune scene dove la griglia stessa diventava parte della struttura della battuta. 

V: Come dice lui, molto classica. Con la descrizione di quello che succedeva vignetta per vignetta.
Mentre per quanto riguarda la disposizione delle vignette e le inquadrature, mi piaceva fosse compito mio, e a lui andava bene.

Perchè hai usato spesso la soluzione grafica dello sfondo spalmato su più vignette?

V: È una soluzione che mi è sempre piaciuta molto, sia per “dilatare” il tempo e “fermare” di più le vignette interessate, sia per cercare di rendere meglio alcuni tempi comici….che in questo caso, era un po’ l’altra sfida nel fare questo albo con Davide: rendere, cioè, le sequenze divertenti anche se non disegnate male da lui, senza farmi troppo odiare da tutte le sue nutrite schiere di fan urlanti.
Spero di esserci riuscita! 

Non ho fatto in tempo a prendere il volume a Lucca.
Ti aspettavi che andasse letteralmente a ruba?

D: Sinceramente no. La cosa da un lato mi ha fatto molto piacere. Da un altro mi ha spaventato mortalmente (ma sono vivo). Di quelli che lo hanno comprato c’è un buon 78,24% (circa) che lo ha preso perchè gli piaceva il titolo. Ok, ma se poi non gli piace la storia? Cioè, non è che il vendere tanto comporti automaticamente la bellezza di un prodotto… altrimenti, con questa logica, “Natale in Sud Africa” sarebbe un bel film. Per questo mi spaventa: ho bisogno di avere i feedback (o come si scrive… se scrivevo “Riscontri” facevo una più bella figura). 

V: Assolutamente no. È stata un’inaspettata quanto felicissima sorpresa!
Inizialmente volevamo andarci solo con 300 copie, e ci sembravano già tantissime, poi ci è venuto qualche dubbio quando dopo 2 giorni dalla creazione dell’evento su fb avevamo già più di 200 confermati. Così alla fine, ne abbiamo stampate 840 e ci sono bastate solo per 3 giorni!
Se avessimo saputo che saremmo stati così presi d’assalto, saremmo andati a Lucca col camion! 

Gli zombie sono creature viventi in quanto morti viventi?

D: Sì, tant’è che si chiamano “Non morti”… uno zombie è più o meno come uno in coma (o, se preferisci, come uno del pubblico presente nello studio di “Forum”)… la Chiesa Cattolica (non Rita dalla Chiesa) non può uccidere uno zombie perchè è come se uccidesse un malato terminale. La Chiesa rischia di essere distrutta per mano di un’orda zombie… la Chiesa è stata creata da uno zombie e rischia di finire per mano degli zombie. Che trip.

Zombie, preti, un nuovo Papa, il Gay Pride, Alieni, Suore Ninja, la Carrà, Romina Power e un biplano… Qualcuno direbbe subito: Postmoderno!

D: Dimentichi il robot messicano… Ci ho messo dentro parte delle cose che mi piacciono… Adoro le contaminazioni e gli incroci tra i generi. Avrei voluto avere più pagine a disposizione per sviluppare alcune cose. La cosa più difficile di questo fumetto era far capire che la storia era una critica verso il mondo del motociclismo… no, vabbè, si scherza, il motociclismo non viene trattato nel volume… la cosa più difficile è stata scrivere una storia in modo che si capisse che i buoni erano gli zombie (che nell’immagianario collettivo sono personaggi negativi). 

Per quale motivo: Klaatu Barada Nikto è una frase tanto radicata nell’immaginario collettivo?

D: Perchè non vuol dire nulla. Tutti i tormentoni si basano su cose senza senza… e il successo dei tormentoni è basato su gente che va in giro con la maglietta con scritto “FLUUUORO”. E poi a me piace citare i film vetusti. Presto, Signor Sulu, ci porti alla prossima domanda.

Tutte le interviste che ho letto si concludono sempre chiedendo i progetti futuri dell’intervistato. Secondo te è importante?

D: Sto facendo un libro di 134 pagine (scritto e disegnato da me) per “Nicola Pesce Editore”… è la cosa più difficile che abbia fatto (dopo il Sudoku)… non tanto per la costruzione della storia ma per l’ansia di non riuscirci (ed è per questo che ci sto mettendo dieci volte di più del tempo necessario). Poi ci sono altri progetti che stanno marcendo nel cassetto… fra un po’ mi toccherà buttare via il comodino. 

V: Non so se sia importante, comunque sono al lavoro su un nuovo progetto da presentare un po’ in giro ai francesi ad Angouleme a fine mese, con la speranza che parta.
E spero di passare la prossima estate al lavoro sul seguito di Zogiv!


Ghost_Mutti_Cajelli
Altre serie e altri volumi!, Fumetto

Speciale Ghost!

15 dicembre 2011 • By

Recensione, intervista a super Mutti e intervista al tuo Diegozilla preferito. Tanta robba, signora! Tanta robba, tutta su Comicus.
Un vasto speciale su Ghost a opera di Cris Tridello e Paolo Pugliese della redazione di Comicus.
Il volume è uscito in anteprima a Lucca, e andrà in disribuzione in gennaio, per cui manca poco.
Di Ghost te ne avevo già parlato diverse volte, tipo in questo articolo qui, con anteprima.
Nel frattempo, ecco qua:
Intervista cajellica - clicca qui che ne dico delle belle.
Intervista Mutti for president - clicca qui per tutte le indiscrezioni.
Recensione - clicca qui e vota che aumentano i pallini! Se non l’hai letto, vota sulla fiducia!

Chiudo con un articolo in italiano per l’edizione francese di Ghost. Stranezze della globalizzazione. Articolo inedito. Non parlo una parola di francese, per cui non ho idea di come suonerà in un altra lingua.

COME FANTASMI SULLA SCENA DEL CRIMINE

Negli ultimi dieci anni nella letteratura poliziesca, nel cinema e nel crime televisivo, tutte le trame sono state risolte dagli stessi personaggi: la scienza e la ragione.
Scienza e ragione sono diventati i pilastri su cui fondare e ri-fondare il genere narrativo.
E’ il trionfo della detection da laboratorio. Esperti. Consulenti della scientifica. Ossa. Analisi. Archivi. Impronte digitali. DNA. Crimini che si risolvono grazie alla massima amplificazione del concetto di detection deduttiva. Ha vinto Sherlock Holmes. Al posto della lente di ingrandimento ci sono attrezzature da milioni di dollari, ma è il metodo Holmes che domina la scena.
Il distacco emotivo del detective dal crimine su cui sta indagando è evidente. Al punto che non si tratta più di investigatori, ma di scienziati veri e propri. La vittima diventa una prova, un elemento scientifico da analizzare, isolato e selezionato. Il corpo è lontano, distante nella vicinanza glaciale di un vetrino da microscopio. Il corpo diventa fibre, residui, tracce. L’elica del DNA è il migliore alleato possibile, da ricercare costi quello che costi, spingendosi se serve verso il mitocondriale.
La ragione, domina.
Non c’è più spazio per il fiuto del detective, per indagare con lo stomaco, i piedipiatti della fiction ora fanno un lavoro “pulito”.
GHOST riporta indietro l’orologio narrativo. Un thriller, un giallo che si svolge e si risolve inserendo nella trama aspetti molto lontani dalla ragione e a-scientifici per definizione.
Una linea narrativa più vicina a “Il cuore rivelatore” di Edgar Allan Poe che alle deduzioni dello Sherlock Holmes di Conan Doyle.
Follia. Follia vissuta dall’interno che cerca un modo qualsiasi per mettere ordine un disordine. Una soluzione, senza microscopi e senza via di scampo.
La vicinanza tra investigatore e vittima è ridotta ai minimi termini. Una vicinanza che supera i confini della morte, trasformandosi in peso, diventando senso di colpa.
Il fantasma che perseguita John Ghostmann è lo spettro del suo fallimento come agente dell’FBI. E’ il battito del suo orrendo cuore, direbbe Poe. Un battito che assume l’aspetto dell’ultima vittima di un serial killer. Diventa la controparte investigativa/ossessiva dell’uomo che non riuscì a fermare la mano dell’assassino.


Io e i fumetti

Diegozilla intervista Alfredo Castelli!

21 settembre 2011 • By

- L’anno prossimo Martin Mystère compie 30 anni. Che cosa c’è in programma per il suo compleanno?

- Per ora non esiste nessun programma preciso, ci saranno probabilmente mostre e piccole manifestazioni in proposito. C’è una storia abbastanza originale che anziché chiamarsi Martin Mystère 30 anni, si chiama Martin Mystère anni 30. Prova un po’ a indovinare di che cosa parlerà e in che epoca sarà ambientata.

- Ah, quindi non chiude?

- A dir la verità Martin Mystère ha chiuso almeno tre volte. l’ultima vota è stata dal 12 febbraio al 3 marzo, ma siccome è bimestrale non se ne è accorto nessuno. Quindi ci saranno delle altre chiusure di questo genere.
Contrariamente a quello che esce ogni tanto su internet, cioè che oramai Martin Mystère sia lì lì per morire, questo non è mai successo. Anche se si “dice” ormai da 10,12, 14 anni.
L’unica cosa che mi urta un po’ i nervi che mi fa sembrare, e non faccio nomi, una di quelle persone, ormai veeecchie, che resistono resistono resistono resistono malgrado tutto, malgrado la pulsione popolare sia quella di mandarli a casa. Ecco questo non è proprio non è il caso di Martin Mystère.


- Che cosa è cambiato in questi anni nel rapporto tra i misteri (o meglio: i mysteri) e l’immaginario collettivo?

- Nei primi anni in cui usciva l’Almanacco Del Mistero, per riempire le pagine che riguardavano i libri e i testi misteriosi, dovevo passare delle intere giornate in libreria. Lì, a pettinare con il pettine sottile gli scaffali sperando di trovare qualche titolo per scrivere la rubrica.
Adesso basta entrare in libreria e ci sono tonnellate di libri sui Templari, il Graal, eccetera…
Il mistero è diventato un po’ una mania, e ci sono banconi e bancali di questo materiale. Per cui l’approccio che prima era un po’ di nicchia adesso è molto di moda.
Purtroppo Martin Mystère è ancora di nicchia. Sfiga.


- Non è che si può scambiare Giacobbo con Martin Mystère, eh?

- Con Giacobbo ho collaborato tempo addietro, e se devo dire la verità mi è anche simpatico.
Forse esagera un pochino la sua trasmissione proprio per motivi di audience. Perché piace, perché trascina le folle.
Io cerco sempre di separare il vero dal verosimile.
Facciamo una cosa, scambiamo i soldi di Giacobbo con quelli di Castelli.

- Ipotizzando una versione “Ultimate” del BVZM, quali storie racconteresti di nuovo?

- Ne prenderei molte, è molto difficile dire quali esattamente . Ci sono delle storie che io ritengo discrete se non decenti che riscriverei con uno stile più moderno.
Faccio parte purtroppo delle vecchia guardia della sceneggiatura, è chiaro che non mi posso forzare a scrivere in un modo diverso da come sono abituato a fare. Sarei un po’ come quei vecchi che vogliono improvvisamente diventare giovani.
Però sono sicuramente in grado di riscrivere e adattare delle storie scritte 30 anni fa, a come le scriverei adesso. Cambiandone la scansione e soprattutto il linguaggio.
Il linguaggio parlato, cambia profondamente. Noi non ce ne accorgiamo perchè lo parliamo tutti i giorni, ma ci sono delle parole che sono proprio sparite dal nostro modo di parlare.

- Facciamo un esempio?

- L’altro giorno mi è capitato in mano un lavoro che ho fatto parecchi anni fa. Una pubblicità a fumetti: Gran Dixan Della Galassia. Un grande capolavoro. C’erano i negrieri dello spazio. Ecco, negrieri era una parola che negli anni 70 si usava: la nave negriera. Oggi è una parola che non esiste, che non usa più nessuno. E’ come parlare ad un ragazzino di oggi del “disco del telefono”. Oggi il telefono ha i pulsanti.
Senza forzare le cose, certe storie di 30 anni fa cercherei di attualizzarle in questo senso.

- Una domanda che tutti i lettori di Diegozilla si aspettano:
E’ vero che se moltiplichiamo la tiratura di Martin Mystère per l’età di Java, poi sottraiamo il prezzo di copertina, diviso per l’ipotenusa della piramide di Cheope, sommando i numeri primi del pagamento a tavola di tutti i disegnatori con una “R” nel cognome, otteniamo le coordinate di Agarthi?

- Purtroppo hai capito tutto.
Gli uomini in nero sono già sulle tue tracce. Cerca di scappare, Cajelli! Scappa!

(Grazie ad Alfredo per la disponibilità! E quando mi ha detto di essere un affezionato lettore di Diegozilla ho gongolato come un bimbo!)


news09
Tutto Il Resto

Intervistato!

18 aprile 2011 • By

Quelli di Itasa mi hanno fatto una piacevole intervista. Però non l’hanno sottotitolata. (Battuta atroce, vero? Ah ah ah ah!)
Per leggerla clicca qui che arrivi da loro.

Attenzione che nelle prossime righe spoilero sui miei contenuti.
L’interviù si apre con la mia foto spalla a spalla con Morena Baccarin, dove io ho gli occhi chiusi perché cito Earl Hickey.
Poi proseguo.
Si parla un po’ di questo e un po’ di quello…
Mi interrogano a sorpresa su Benedetto Croce. Non avevo ripassato, per cui chiedo perdono per le eventuali castronerie uscite dai miei diti.
E poi il pezzo forte.
La rivelazione finale. Ed è parlando di quella che vorrei concludere anche qui.
Mi capita almeno una volta ogni sei mesi.
Vengo contattato da qualcuno del cinema o della televisione. Per un giro di giri hanno avuto il mio numero di cellulare, mi chiamano, mi ricoprono di complimenti, hanno asssoluutameeente bisogno di uno come me e vogliono vedermi, subito.
Ma proprio subito. Tipo ieri. Allora fissiamo un appuntamento e ci vediamo.
C’è da scrivere. Inserendosi in un progetto già avviato. Di solito c’è da sistemare un soggetto, o una sceneggiatura, dei dialoghi da raddrizzare o dei passaggi del plot che vanno perfezionati.
Lavori tecnici, diciamo. Lavori da professionista, diciamo…
Eccomi.
Sanno sempre come prendermi. Mi ricoprono di complimenti per il mio lavoro, si stupiscono della qualità della mia scrittura e per le mie competenze tecniche. Mi spiegano il loro problema, dicendo che sono l’unico che può risolverlo.
Soldi? Per ora niente, ma quando il progetto passerà in produzione, cosa certa, allora ti daremo un fantastilione di euri, fama, Hollywood, red carpet e minchia come sei bravo.
Allora torno a casa. Stringendo il fanta oscar in mano, mi metto a scrivere.
Risolvo tutti i loro problemi, raddrizzo tutto quello che c’è da raddrizzare, scrivo, scrivo, perfeziono, faccio fare al plot dei doppi salti mortali.
Consegno il lavoro.
Sono tutti stupiti e soddisfatti. Molto bene, abbiamo visto giusto, eri il tipo giusto, trallallà.
Dopo di che, non si fanno sentire mai più mai mai.
Ma proprio mai.
Non è che il film, la serie, il corto o il lungo vengono realizzati e a me non dicono nulla. No, no, non se ne fa più niente di niente.
A parte quelli con cui faccio Ultra per Joi, tutti gli altri poi spariscono. Compresi quelli di cui parlo alla fine dell’intervista su Itasa.
Per cui fatti due conti. Mi capita ogni sei mesi da almeno cinque anni. Quindi ho scritto parecchia roba.
Dato che sono scemo come un sasso, ogni volta che si ripropone la stessa situazione mi dico:
- Lo so che se questa volta dico di no, è la volta che poi il progetto va in porto, e io non vedrò mai l’oscar, Hollywood, il fantastilione di euri e tutto il resto.
Allora ci vado lo stesso, e ripeto tutto da capo.