A Gennaio, di fronte al panorama sconfinato di celenterati che abboccano alle bufale e le condividono in modo torrenziale, decido di trasformare in ragionamento il mio giramento di palle.
Scrivo un post sulle bufale, dal titolo: Il business dell’ignoranza e dell’odio. Ci associo l’hashtag: #avoistabene?
E decido di aprire una discussione. Dato che i siti bufalari sono pieni di inserzioni pubblicitarie, quei marchi lo sanno a chi stanno dando i loro soldi?
Carissimo Mimmo…
eccomi qua a risponderti, proprio come hai chiesto tu.
Per prima cosa lasciami dire che nessuno ti impedisce di essere razzista. Ma proprio nessuno, nessuno, nessuno.
Però c’è una differenza sostanziale, profonda, strutturale, tra la libertà di dire e pensare quello che si vuole e le responsabilità che derivano dall’averlo fatto.
Ho fatto in tempo a leggere tutta la discussione nata dal tuo status di Facebook, quello status che è girato, sta girando e girerà.
Sono riuscito a leggere i tre/quattrocento commenti, tuoi, dei tuoi amici e di quelli che ti criticavano prima che, il tuo avvocato, Alfano o qualcuno che ti vuole bene ti consigliasse, giustamente, di chiudere il tuo profilo perchè stavano per piovere motoseghe.
Non sono intervenuto sulla tua pagina perchè, credimi, sentivo il rumore del motore della motosega che si stava avviando.
Tortosa, non starò qui a dirti quello che ho provato e che provo dopo aver letto quello che avevi da dire. Del resto, come dici tu, sono una zecca di merda, certe cose non le posso capire.
La bella gente che fa il tifo per Claudio Giardiello.
10 aprile 2015 • By Diego CajelliIeri, un uomo condannato per bancarotta fraudolenta ha fatto una strage nel Palazzo di Giustizia della mia città.
È entrato armato, chissà come, e ha sparato. Tre morti. Un giudice, un avvocato di 37 anni, e un tizio sotto processo assieme a lui.
I fatti sono questi. Le illazioni, le ipotesi, il come ha fatto a entrare e poi a scappare, le polemiche e tutto il resto falle tu, io non ne ho voglia.
Un uomo ha ucciso tre persone. Ha tolto la vita a tre esseri umani. Questo è quello che accaduto.
Fine.
Ma, visto che siamo in un paese dove una grossa fetta della popolazione è formata da teste di cazzo con in mano uno smartphone, la cosa, ovviamente, non finisce qui.
La condanna dell’Italia per i fatti della Diaz durante il G8 del 2001 è soltanto la piccola punta di un iceberg. Nessuna condanna, nessuna sentenza, niente di niente potrà mai ripagare un’intera generazione per quanto è successo in quei giorni.
Nessuna condanna da parte di Strasburgo potrà mai impedirmi di piangere quando ascolto Manu Chao.
Genova. 2001.
Se non c’eri non puoi capire. Se non hai sfiorato, nemmeno per sbaglio, quello che è successo non puoi capire.
Ma, al tempo stesso, il non capire quello che è successo a Genova, ti impedisce di capire da dove è arrivata la merda che hai ingoiato negli anni successivi. O forse no, ma ti va bene così.
Sangue in cambio di bunga bunga.
A quei tempi collaboravo con Radio Popolare. Quindi, ti lascio soltanto immaginare quanto fossi coinvolto.
Pubblico qui un mio pezzo, scritto a caldo, subito dopo la notte della Diaz. La parola che veniva pensata e pronunciata più spesso quella notte era: Golpe. E la plausibilità che accadesse o che stesse accadendo mi agghiaccia ancora oggi. E non era una cazzo di bufala come quelle che vi piace condividere.
Il pezzo è stato pubblicato sul volume: “Ma libera veramente: trent’anni di Radio Popolare : voci, parole e immagini.”
Lo ripropongo con edit minimo.