La Boldrini e le conseguenze dei social.
Succede che: uno scrive un post sulla pagina Facebook della Boldrini. Quello che scrive viene interpretato come una minaccia e un paio di giorni dopo gli suona alla porta la Polizia.
Clicca qui e se vuoi anche qui che ti viene raccontato tutto per benino.
(Nota a margine: a cavalcare questa news sono stati soprattutto i siti diffondi-merda e spara-bufale. Il motivo è fin troppo facile da immaginare.)
Facciamo che lo dico subito, così sono chiaro fin dall’inizio.
La Boldrini ha fatto bene.
Benissimo.
Bisogna smetterla di separare la propria esistenza digitale da quella fisica. Il Web è un’estensione della realtà, non è un gioco di ruolo, non è il paese dei balocchi.
Bisogna smetterla di confondere la libertà di espressione con le responsabilità che derivano dall’esercitarla.
Bisogna superare il fottuto paragone del “discorso da bar”. Cazzo, conosco dei bar dove se ci entri e ti comporti come ti comporti sul Web non ne esci sulle tue gambe.
Le tue azioni sul Web devono avere delle conseguenze, esattamente come accade nella realtà fisica.
E sì, per me è lecito essere licenziati per un Tweet o non essere assunti per quello che scrivi su Facebook.
Comunque sia, oltre alla Polizia, manderei a casa di qualcuno:
Una maestra di sostegno, per spiegare una volta per tutte dove bisogna mettere le “H” e altre facezie.
Uno psicologo bravo.
Una escort consenziente e consapevole, a mie spese, o un gigolo, oppure entrambi.
Jay e Silent Bob.
Non mi interessa la polemica: i poliziotti che hanno suonato al campanello del tipo in questione potevano essere impiegati meglio.
Non mi interessano le polemiche sulla Boldrini e quello che fa.
Quello che mi interessa è farti notare la sorpresa.
La sorpresa, elemento detto e ripetuto nell’intervista e negli articoli, sul volto del tizio in questione quando ha aperto la porta e si è trovato di fronte gli sbirri.
La sorpresa di dover rendere conto a qualcuno di una cosa scritta sul Web.
Questo è il nocciolo della questione.
La separazione, netta e radicale, tra la tua vita digitale social, e la tua vita fisica. Quando, in realtà, questi due aspetti sono (e lo saranno sempre di più) interlacciati in modo profondo.
Non ti sta bene?
Legittimo.
Vai a giocare ai giochi di ruolo, allora. Apriti un account su una piattaforma MMORPG e gioca. Gioca. Gioca.
Il Web e i Social non sono (più) un gioco, sono una parte della tua cazzo di realtà.
FASCISTA!
😀 😀 😀
Sono perfettamente d’accordo con te. In effetti il web è considerato come lo stadio, una zona franca, slegata dalla realtà in cui posso comportarmi come mi pare. Non è così.
E dire che pensava che fossero lì per i petardi scoppiati allo stadio!!
Forse, nel suo caso, il web è davvero estensione della realtà.
Il rammarico è che, essendo rimasto impigliato nel sistema di sicurezza di una delle prime cariche dello Stato, l’episodio verrà derubricato a argomento di conversazione durante l’aperitivo o paradosso.
Oppure a video divertente quando si tatta di un personaggio pubblico che ha gli strumenti per mettere le persone al proprio posto (www.youtube.com/watch?v=H-ZVq_tmgaY). Se casi simili si ripetessero anche tra cittadini comuni e con una certa frequenza, allora forse si potrebbe sperare non dico in una crescita di sensibiltà ma almeno in una crescita di timore rispetto a quanto si scrive.
Sono perfettamente d’accordo. Sono anche profondamente disgustata dall’uso che è stato fatto della notizia da parte di quelle due “autorevoli fonti” da te citate: come se ci fosse anche spazio per il compatimento di una persona che, fra l’altro con un post meschinamente qualunquista, allude a e giustifica un omicidio. Ma ben vengano le punizioni “reali” per chi si comporta in questo modo su un medium che è percepito come astrazione dalla realtà (oltretutto quella è persino una minaccia lieve in confronto ai turpiloqui inquietanti che si leggono all’indirizzo della Boldrini).
Grazie.
Finalmente.
Pensavo di essere l’unica, mi era venuto mal di testa.
Ho letto il tuo articolo dopo che è stato linkato da Davide La Rosa sul suo facebook. Ti riporto le mie considerazioni qui, sperando di darti una prospettiva diversa.
Sono totalmente d’accordo sul concetto base espresso ma ho due problemi grossi.
Innanzi tutto questa logica non viene mai “ribaltata”. Mi spiego meglio: tutt’ora centinaia di aziende sfruttano internet ed il fatto che l’etica digitale è facilmente piegabile a loro vantaggio. Se vai su tripadvisor, imdb o centinaia di altri siti che nascono come servizi per gli appassionati e trovi decine di recensioni false inserite dalle aziende allo scopo di falsificare il rating; le aziende cinematogratiche e videoludiche pagano i critici per dare voti alti per ottenere visibilità sugli aggregatori; esistono società che cercano e cancellano le informazioni negative su internet di chiunque; esistono società che si occupano solo di viral marketing allo scopo di ingannare la gente sui social network spacciando quello che è vera e propria pubblicità per opinione disinteressata… tutto questo e molto altro rimane completamente impunito ed è considerato un’attività normalissima su internet. Però se facessi la stessa cosa fuori da internet verresti arrestato come Wanna Marchi.
Quindi la prima questione che mi pongo è questa: è vero che il mondo digitale dev’essere considerato come il mondo reale. Ma perché quando si parla di questo si prende sempre ad esempio il cialtrone che, nel momento di rabbia, scrive una minchiata su un profilo facebook e si IGNORA totalmente il comportamento truffaldino e bugiardo di migliaia di aziende e di società che l’etica la calpestano non per rabbia ma per guadagno ed in modo mille volte più meschino? E’ veramente più grave se io arrabbiato dico a qualcuno di andare a cagare o se un quattordicenne rintronato inneggia al fascismo su un social network?
Il secondo problema è più “umano”. Ovvero il contesto delle affermazioni. Se io insulto qualcuno in un momento di rabbia mentre ci litigo è normale. Perfino un giudice, in una eventuale causa reale, terrebbe conto del contesto in cui un’affermazione viene fatta. Mentre quando si parla di internet, per il fatto che il contesto non esiste (il commento rimane qua a vita non svanisce nell’aria come le mie parole), si usano metri di misura totalmente diversi.
Allora mi chiedo, se siamo totalmente capaci di metterci nei panni degli altri (o almeno spero) se questi sbagliano in un momento di frustrazione o di debolezza, perché invece dobbiamo ergerci a giudici morali quando gli stessi errori vengono compiuti su una bacheca di facebook? Perché se uno mi manda a cagare dopo che gli ho tagliato la strada, sono totalmente capace di comprendere, chiedere scusa e stringergli la mano, ma invece dovrei tirare in piedi un caso se quella stessa persona mi mandasse a cagare via Twitter dopo una discussione? Non saprei… io prima di guardare qualcuno dall’alto in basso e lanciare denunce, cercherei di mettermi nei suoi panni o di capire il contesto, no? Siamo così tanto presi dall’ideologia e dal dover giudicare da non essere neanche più capaci di metterci nei panni degli altri e comprendere? Magari sono io che sono stronzo, ma io non sono perfetto.
Infine, riguardo alla questione particolare, scusa ma da quando dire quel che ha detto quel tipo è configurabile in un reato? Non ha minacciato esplicitamente nessuno ne’ offeso esplicitamente nessuno. Ha solo detto che la sua situazione personale è disperata e che una persona disperata può fare cazzate da un momento all’altro. E’ un modo di esprimersi centomila volte meno forte di quello che usano buona metà dei politici italiani in tv o nei social. Quindi, anche se sono d’accordo totalmente con il tuo discorso, trovo l’esempio poco calzante. Anche se l’avesse detto nella vita reale, avrei trovato un’esagerazione insulsa mandargli a casa la polizia.
Un paio di cose…
Il tipo non è mica stato arrestato, non è in galera, non gli hanno confiscato il computer. Sono arrivati dei poliziotti e gli hanno fatto qualche domanda in merito a quanto aveva scritto. Hanno capito che era l’equivalente di “mandare a cagare qualcuno che ti ha tagliato la strada” e la cosa credo sia finita lì.
Ci sono un paio di passaggi del tuo commento che vorrei capire bene prima di infilarmi in una risposta lunghissima.
“prima di guardare qualcuno dall’alto in basso e lanciare denunce, cercherei di mettermi nei suoi panni o di capire il contesto”
Perchè?
Per quale motivo mi devo mettere nei panni di uno che legge Catenaumana, TzeTze e tutta quella merda lì?
Per quale motivo devo *capire* uno che si forma culturalmente su Imolaoggi?
Loro lo farebbero al mio posto?
Loro lo farebbero se fossi di colore?
Io non ho voglia di mettermi nei panni di un coglione, scusami.
Aziende, viral etc…
Commettono un reato?
secondo me non è rabbia momentanea o roba simile: è vigliaccheria
dietro lo schermo di un pc (come spesso dietro al volante di un’auto) ci sentiamo tutti stocazzo ed esageriamo
se a un’assemblea di condominio qualcuno mi insulta io lo meno o lo denuncio
non vedo perché uno dovrebbe passarla liscia
naturalmente dovrebbe valere anche per altri contesti attualmente extralegali come lo stadio…