Altervista, il signor Diego e le responsabilità sociali.
16 settembre 2016 • By Diego CajelliNel marasma di commenti sul mio post della letterina, tra la varia gente che guardando il mare al tramonto fissa il bagnino, è saltato fuori un certo Diego che dice di lavorare per Altervista.
In quel post dicevo che: “La lettera diventa virale perchè si infila nelle ferite ontiche che la diffusione delle Bufale hanno aperto nella nostra società, del grillinismo d’accatto, del disinfo-controinfo-stocazzinfo fuffologico dei siti su Altervista.”
Il signor Diego si è sentito chiamato in causa e ha postato questo commento:
Non so che ruolo occupi nell’organigramma di Altervista, fosse anche lo stagista che fa le fotocopie, secondo me ha sbagliato a intervenire. Perchè ora, da questo momento, lui qui è il referente di Altervista e, rivolgendomi a lui, io mi rivolgo alla società per la quale lavora.
(Temo non abbia le competenze per starmi dietro, visto quello che ha scritto dopo. Temo anche che sia stato cazziato per i suoi commenti e che a breve mi risponderà il suo capo. Forse mi sbaglio, chi vivrà vedrà) [Parentesi quadra: dico temo che sia stato cazziato perchè se lavorasse per me io l’avrei cazziato, ma anche questo è un altro discorso]
Infatti al suo commento, ho risposto così:
Dopo un po’, arriva la sua risposta:
E la mia controreplica:
Bene, signor Diego. Immagino tu abbia capito che a me piacciono i bersagli grossi e i mulini a vento. Ecco perchè rispondo a te con un post tutto tuo. Attenzione che non ho dedicato a nessuno tra i vari commentatori a vanvera che ci circondano.
Tu mi hai dato una risposta impostata su i criteri dogmatici del Web 2.0 che, come ti ho detto nella mia risposta, andavano bene in bocca a O’Reilly dodici anni fa.
Capisco che ti hanno formato così, ed è difficile (se non impossibile) sganciarsi dall’indottrinamento dei camp per social media manager.
Però, e mi scuso se vado sul tecnico, dopo dodici anni, e dopo il disastro sociale che soltanto un cieco non può non notare, è ora di mettere in discussione i principi di disintermediazione tipici di Internet.
Sulla capacità di valutazione delle fonti di informazione si fonda il nostro universo cognitivo, e dire quello che hai detto sulla “possibilità di esprimersi” è un insulto per tutti quelli che sono morti rifiutando la chemioterapia, sotto la spinta di informazioni farlocche e pseudoscientifiche che voi ospitate.
Perchè puoi ripetermi la lezione imparata a memoria sugli UGC, ma alla fine, quello che viene hostato da voi è un lungo elenco di merda pericolosa. Merda che viene condivisa, rilanciata e che crea il numero di visualizzazioni che vi fanno campare.
Magari non sai di che cosa sto parlando. Nel caso, per cominciare, puoi dare un’occhiata a questo elenco.
Ora, ti prego, non tirare in ballo la mirabile swarm intelligence che nel dorato mondo 2.0 dovrebbe (doveva) salvaguardare gli utenti dai contenuti stessi, rilevando castronerie e mettendo in luce le falle. Il wisdom of crowds oggi non esiste più. Nel momento esatto in cui l’accesso alla rete è diventato prima interstiziale e poi totale, si può parlare soltanto di herd attitude.
Voi, nel vostro business, non potete non tener conto che la maggior parte degli utenti non ha (più?) gli strumenti, critici o tecnici, per valutare correttamente i contenuti.
E no, non mi riferisco a vostre ipotetiche responsabilità legali, come dici nel tuo commento: “Non è una nostra opinione o filosofia, è la legge.”
Ci mancherebbe altro, perchè all’interno di una società qualsiasi non è soltanto la giurisprudenza a dettare le norme comportamentali.
C’è la morale.
C’è l’etica.
Voi avete la responsabilità morale di quello che ospitate sulla vostra piattaforma. è una responsabilità della quale nessuno vi verrà mai chieder conto in un tribunale, ma l’avete eccome.
Quando parlo delle “ferite ontiche” che avete inferto alla nostra società mi riferisco proprio alla vostra diffusione di contenuti che minano l’essenza stessa dell’essere, dell’esser-ci e della realtà stessa in cui vivono le persone.
Nei casi più innocui ci sono i terrapiattisti, nei casi più pericolosi ci sono i siti di pseudomedicina.
La responsabilità morale c’è, anche perchè c’è il vostro cazzo di nome alla fine dell’URL.
Quindi, per favore, non nascondetevi dietro le leggi vigenti, le regolette automagiche di questa montagna di cartapesta del Web 2.0 che appena la sfiori si sgretola.