Le mani di Davide Gianfelice |
Stando ai racconti di chi c’era, l’Angoulême di una volta era un luogo sospeso tra il mito e la realtà. Una vera e propria Terra Promessa per gli autori italiani in cerca di un ingaggio. Si favoleggia di contratti per tre volumi firmati direttamente allo stand, di congrui anticipi e di richieste di asilo politico subito accettate dai gran visir della BD.
Ora non è più così.
Tutti ci tengono a dirmelo, raccontandomi dei bei tempi che furono con aria quasi sognante.
Io non c’ero. Quel periodo lì del fumetto italiano è uno dei pochi a cui non ho partecipato.
Per cui chiedo e faccio domande. Con genuina curiosità.
Come mai le cose sono cambiate?
I miei vari interlocutori nicchiano, dando la colpa alla crisi. C’èccrisi. Così diciamo tutti.
Eppure, mentre mi parlano di contrazione del mercato, di periodo di austerità e di cambio di politica da parte degli editori francesi, noto che nei loro occhi si muove qualcosa. Un mistero. Un segreto inconfessabile che deve rimanere tale. Nessuno me ne parla, ma è lì. Lo vedo sospeso tra le parole non dette e gli sguardi che fuggono verso l’orizzonte. Verso la cattedrale, muta testimone degli umani triboli fumettosi.
Ho l’impressione che tutti quelli a conoscenza di questo segreto siano disposti a portarselo nella tomba.
Sono in un thriller, dove chi sa tace e mi dice di non entrare nella stanza in soffitta. Di solito, nei thriller, quando il pirla di turno inizia a ficcare il naso in giro finisce molto male. Per cui accetto il C’èccrisi come spiegazione dei fatti.
Nonostante le differenze con il passato, il festival di Angoulême rimane un appuntamento molto importante per tutti quelli che, a torto o a ragione, vogliono fare questo lavoro.
Che cosa intendo per a torto o a ragione?
La risposta è nei book.
Il lavoro del fumettista non è quello di fare lo strafigo su Facebook. Fare fumetti è uno dei pochissimi lavori in cui è davvero quello che fai che parla per te.
Nel bene e nel male.
Ecco perchè nel nostro ambiente è possibile, anche parlando il grammelot di Dario Fo più che il francese, sedersi in una saletta e sostenere un reale e serissimo colloquio di lavoro.
Lo puoi fare perchè sarà il tuo portfolio a parlare al posto tuo.
Il mercato francese sarà anche contratto e ridimensionato rispetto ad alcuni anni fa, ma ha mantenuto una delle sue caratteristiche più importanti. L’estrema varietà delle proposte, degli stili, delle testate, dei generi. Una galassia cartonata in cui è possibile trovare dal classicissimo al modernissimo.
L’impressione è che gli spazi editoriali siano più aperti, e che ci sia una maggiore possibilità di esordio. Aggiungici delle tariffe di ingresso leggermente più alte, i colori, la possibilità di non dover usare per forza un segno realistico, e una generale (sbagliatissima) sensazione che il mercato francese sia più facile rispetto al nostro.
Questi e altri fattori generano file di cinque ore alle portfolio review. E qui torno al discorso di prima. Ai book.
In quelle code si respirano nervosismo e speranza. In quelle code si trovano, separati da poche decine di centimetri, autori promettenti, giovani promesse e sogni adolescenziali riversati su carta.
Autori con stili difficili da piazzare in Italia e autori non ancora pronti per pubblicare, indipendentemente dal mercato in cui vanno a proporsi.
I vari editor, finché gli reggono gli zuccheri, guardano tutto. Parlano con tutti. Non importa chi o che cosa si trovano di fronte. In modo preciso e professionale danno consigli, giudicano, ascoltano, a volte apprezzano. Soprattutto, distribuiscono i loro biglietti da visita. Così puoi portarti a casa il souvenir della portfolio review.
Le mani di Lelio Bonaccorso |
Come vanno queste cose?
Firmi ancora il contratto dietro lo stand?
No. Ma se la tua mano conosce bene la realtà francese, se hai uno stile formato sui grandi classici della BD, se sei in grado di sostenere i ritmi produttivi dell’editoria reale, puoi, con un po’ di fortuna, trovare un ingaggio come disegnatore per una delle tante serie che pubblicano laggiù.
Piazzare una tua proprietà intellettuale è tutto un altro paio di maniche. A meno che non siano loro a chiedertelo, cosa difficilina per gli esordienti.
Qualcuno, con aria divertita mi dice: “Guarda, mi hanno detto di spedire tutto a questa mail: [email protected].”
Qualcuno si lamenta. Sono parecchi quelli che dopo tre o quattro ore di attesa, in coda, sono stati rimbalzati. E’ umano. Mezza giornata di visione di book e relativi colloqui, possono sfiancare anche l’editor più muscoloso del mondo.
Il problema, mi dice un giovine promettente, è l’assenza di una scrematura iniziale. “Qui guardano tutto, compresi quelli che arrivano con della roba assolutamente non professionale. Tipo quelli con il book a tettoia con dentro roba scolastica, dalla copia dal vero al bonelliano storto.
Certo, ci sono gli spagnoli, che sono bravissimi, ma ci sono anche un casino di ragazzetti che alla fine sono qui per gioco. Ora l’editor se ne è andato, e guarda: tra poco toccava a me… Quanti colloqui inutili ha fatto fin ora?”
In parecchi vorrebbero una selezione in stile americano. Come si fa a Lucca o a Mantova.
Un giorno stabilito in cui consegni le fotocopie del tuo lavoro, quelli lo guardano e valutano, e il giorno dopo vengono fuori i nomi di quelli ammessi al colloquio.
Perchè, se è vero che c’ècccrisi, è altrettanto vero che nessuno può più permettersi di perdere tempo, o campare di illusioni.
(Continua…)