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Dai, forza! Imparami il calcio!

25 giugno 2012 • By

E’ proprio lo sport nazionale, eh!
Bravi.
Dunque, dai commenti al post precedente ho imparato tante cose.
Ho imparato che quello che conta è vincere. Non importa come vinci.
Quello che conta è il risultato finale. Punto e basta.
Vincere umiliando l’avversario è parte del concetto di sportività che permea il nostro sport nazionale.
4 a 2, è questo quello che conta, giusto?
Dalla panchina e dalla tribuna si comportavano come stessero vincendo contro il Brasile o contro un dream team formato dai campioni di tutte le squadre del mondo.
Ma è normale, giusto?
Non conta l’eleganza, conta vincere.
E allora spezziamo le reni alla Grecia.
Fatto.
Sicuramente i greci hanno perso perchè hanno giocato male, ma i germani hanno vinto giocandosela male a livello umano, e non so se è peggio.
Buffo, dal mio punto di vista, come il concetto del “conta solo vincere”, valga unicamente a senso unico.
Bravi.
E allora il biscotto? Con quella gigantesca coda di paglia che ha bruciato oscurando il sole per settimane?
Se conta solo vincere perchè vi incazzate ancora se qualcuno dice: Byron Moreno?
Ma come, non contava soltanto vincere?
Se lo fanno gli altri però, no no no no, non vale.
Passiamo alla componente politica.
Non accetto il discorso: le colpe di una classe politica le deve pagare tutta la popolazione.
Non è un discorso che accetto se a farmelo è un italiano.
Storicamente, quando arriva il momento di pagare il conto, noi siamo sempre riusciti a svignarcela. Per cui no, i discorsi sulla moralità, e sull’intera nazione che deve pagare i danni causati dalla sua classe dirigente, li accetto soltanto dai Giapponesi.
Ora è l’Italia a dover affrontare la Germania. E siccome sono uno che impara in fretta, ho capito come mi devo comportare.
Spero che la Germania venga umiliata in modo esemplare. Spero che tornino a casa tremanti e in lacrime.
Giusto?
Ho imparato bene come funzionano le dinamiche del vostro sport nazionale?


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Ger Magna Grecia

23 giugno 2012 • By

Ormai lo sai, il calcio non lo seguo e non ci capisco proprio niente. Però ogni tanto una partita la guardo. Mondiali o europei, tutto qui.
Ieri ho visto Germania Grecia, e nel mio non capire una fava di calcio, quello che ho visto è stato il trionfo dell’antisportività.
Raccontamela come cazzo ti pare, dimmi pure che il leone usa comunque tutta la sua forza anche per uccidere un coniglio, ma dal mio punto di vista c’è differenza tra vincere, e il vincere con eleganza.
Sulla partita pesavano in modo fortissimo tutte le metafore del momento. E quello che ho visto non è stata una vittoria calcistica, è stato un ennesimo, gratuito, violento tassello del diktat germanico: facciamo il culo ai greci.
I due elementi: sport e politica si mescolavano, sovrapponendosi minuto dopo minuto.
La panchina che esultava come se stessero battendo la squadra di calcio più forte del mondo, la Merkel in tribuna che urlava la sua gioia belluina, forse per i goal, forse perché ha afferrato per i coglioni un intero continente e mantiene saldissima la sua presa.
In campo, i Greci. Consapevoli di essere al centro di una metafora e non di una partita di calcio.
C’è chi mi parla spesso dello spirito del calcio, e di tutti gli ammeniccoli sportivo/mitologici che quel gioco (per me del cazzo) si porta dietro.
Se lo spirito del calcio esistesse sul serio, ieri i Greci dovevano vincere. Punto.
Così non è stato.
La Germania poteva vincere dando una lezione di stile, in una partita così delicata sul piano politico.
Così non è stato.
Posso capire che nella mentalità germanica ci sia il godimento nel “vincere facile”, ma ieri il livello era quello della gara di braccio di ferro di Aldo-Giovanni-Giacomo con il ragazzino all’autogrill.
Uguale. Con le stesse, isteriche, scene di giubilo.


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Italia - Costa D’avorio, dopo.

11 agosto 2010 • By

 

Più o meno in 90 parole.
Primo tempo:
Aspettativa, interesse, piove, Balotelli, Cassano, Amauri, curiosità, speranza, punizione, passaggio, attenzione, tiro, attesa, attesa, attesa di qualcosa, fiducia, tifo, aspettativissima, niente, niente di niente, distrazione, noia, noia, nulla, sonno, tedio, uggia, insofferenza, seccatura, molestia, tedio, uggia, goal di quegli altri, delusione, palle, torpore, letargo, assopimento.

Secondo tempo:
Sbadiglio, piove, forse, dai, essù, che palle, annichilito, sprofondo nel divano, sbadiglio, tedio, avvilito, noia, tormento, penso ai cazzi miei, cala la palpebra, zanzare morte nel lampadario, noia, noia, noia, niente, insofferenza, pena, tristezza, grigiume, indifferenza, acqua, sigaretta, uff, molestia, inedia, disagio, menata, pena, vergogna.


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Slovacchia - Italia

24 giugno 2010 • By

 

Non serve un genio per capire come vanno a finire le cose, se affronti una squadra che ha come inno nazionale un brano della colonna sonora del Signore Degli Anelli.
L’Italia comunque, gioca una buona partita. Tipo per dieci minuti. Poi si fa sentire la caponata con le cozze e il gioco rallenta. No, aspetta, non è vero che rallenta. Il gioco non inizia nemmeno.
I commentatori ce la mettono tutta per trovare delle scuse. Dall’altitudine, all’incognita outsider, spingendosi anche in calcoli complessi su medie, statistiche, albi d’oro e bei tempi che furono.
Fatto sta che se Gondor pareggia con la Nuova Zelanda, mentre l’Uruguay in trigono con Giove batte tre volte i tacchi mentre scava sotto l’arcobaleno e le rondini volano verso un livello basso di colesterolo, allora forse, ci basta un pareggio, va che culo.
La Slovacchia, dimostra tutta la sua inferiorità di esordiente facendo goal al minuto 24.
Per il resto del primo tempo, c’è un unico sistema per evitare la catalessi dei sensi e allontanare un senso di disagio verso quegli esseri umani vestiti di azzurro. Fare finta che gli azzurri siano i bianchi e viceversa.
Allora si. Si vede l’esordienza e l’inferiorità degli azzurri, che passano a nessuno, sono sempre in ritardo, sono sempre per terra e non riescono a costruire nemmeno una villetta abusiva, sperando nel condono.
Il primo tempo finisce. Ed è stato di una rara bruttezza.
La telepromozione della Geox che va in onda durante l’intervallo rappresenta molto bene il gioco della nazionale italiana. Fanno cagare tutte e due. Ma di brutto. Roba che anche le statue corrono in bagno con il giornale sottobraccio.
Inizia il secondo tempo. Lippi schiera Quagliarella e Maggio al posto di Gattuso e Criscito, poi, mette dentro Pirlo al posto di Montolivo.
Quaglia spara una palla in porta, ma un giocatore slovacchio la respinge. Forse è dentro, forse no. Sicuramente ecco pronta una scusa per polemizzare in tutti i bar del mondo per i prossimi duecento anni.
Vittek che al bar non ci va perché lo fregano sempre con il resto, preferisce fare una doppietta al 72esimo.
Mi dicono che l’azione ha origine da un calcio d’angolo che non c’era. Secondo il fisico Hans Grubewald il calcio d’angolo magari non c’era, ma è quasi sicuro che la palla fosse presente nella nostra zona spazio temporale. Se da un’azione corrisponde sempre una reazione, e la palla è un elemento costante, ti deve fregare poco l’origine illecita dell’azione se sei capace di intervenire sulla reazione. Mi fa anche un’equazione che me lo spiega, ma io ho già troppe difficoltà a capire il concetto espresso a parole, figurati con i numeri.
Il secondo goal sprona gli azzurri come uno che fa le penne con il motorino e cade davanti agli amici della piazzetta. Non possiamo mica fare queste figure di merda.
Allora, all’ottantesimo Di Natale fa goal. Ma succede un casino. In porta si infilano in tre e si picchiano. Si annodano e si insaccano nella rete come dei tonni.
Arriva l’arbitro e li taglia con un grissino, ammonendoli.
All’84esimo c’è un fuorigioco. Poi da un’azione tipica di una squadra esordiente e inferiore, Kopunek schizza come una trottola e fa il goal del 3 a 1. L’ingresso di Pirlo però si vede. Sembra l’unico che con un pallone ai piedi sa che cosa farci.
Al 90esimo, Quaglia segna il goal de 3 a 2.
Ci sperano così tanto, commentatori compresi, che fanno quasi tenerezza. Nel mio non capire niente di calcio, o meglio, nel mio scoprire il calcio alla veneranda età di quasi 39 anni, sono moltissime le cose che non riesco a inquadrare.
Quagliarella mi sembra uno bravo. Perché non ha giocato nelle partite precedenti?
Anche Di Natale mi sembra uno che ci sa fare. Allora perché non schierarlo da subito subito.
Nel senso, visto che i risultati contano per arrivare alla fine, se le partite precedenti finivano con un italica vittoria, non era meglio?
L’arbitro concede 5 minuti di recupero, ma non basterebbero 5 giorni.
Pepe si beve il goal del pareggio.
L’arbitro fischia, la partita è finita.
Lippi se va direttamente negli spogliatoi. Quello che penso del nostro mondiale è tutto lì. In quella schiena che si allontana verso gli spogliatoi. Hai fatto le tue scelte, hai dettato le tue regole, hai deciso chi doveva giocare e chi no. E adesso, lasci i tuoi uomini lì nella merda e tu te ne vai?
Troppo comodo, Lippi.
Davvero troppo comodo. I tuoi uomini ci hanno messo la faccia fino alla fine.
Tu la schiena.


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Italia - Nuova Zelanda

20 giugno 2010 • By

Si inizia inquadrando Blatter in tribuna. Blatter è andato a vedere giocare la nazionale italiana tenendo in tasca una bambolina voodoo con le fattezze di Lippi.
Quando nessuno lo vede, la infilza con gli spilloni.
Fatto sta che i due commentatori continuano a dirmi che i giocatori della Nuova Zelanda sono più fisici. Sono più grossi, alti, robusti, e giocano fisicamente.
E io non capisco.
Che cosa cazzo vuol dire giocare fisicamente? Forse gli azzurri giocano usando la forza del pensiero?
In effetti Lippi ha schierato dei giocatori paranormali. C’è Gilardino che è addirittura un fantasma.
Dopo un po’ di tira e molla, di palloni che vanno da qua a la e da la a qua, Smeltz tira fuori il cellulare e telefona a Marchetti.
Marchetti, tra i pali, risponde.
- Ciao Marchetti, sono Smeltz!
- Dimmi, caro!
- Senti un po’ una cosa… Io tra un paio di secondi arrivo lì e ti tiro in porta.
- Va bene.
Poi Marchetti mette giù, giusto in tempo per farsi fare goal.
I due telecronisti mi dicono, nell’ordine: C’è un fuorigioco. C’è una spinta in area. C’era vento. C’è odore di soffritto. Ci sono le scie chimiche. C’è un rimpallo maledetto. C’è un fantasma in campo, chiamate qualcuno per catturare lo spettro di Gilardino.
C’era quel cazzo che ti pare, ma quel goal andava parato.
Subire un goal butta a terra il morale degli azzurri, ma Lippi ha un asso nella manica:
Saverio Putresca, il giocatore invisibile.
Infatti, per la successiva mezz’ora tutti passano a Putresca, il giocatore invisibile. Io che ho la tele in superiper HD lo riesco a vedere bene.
Passano tutti a lui, che si impegna moltissimo, però conclude poco.
I neozelandesi invece, mettono a segno delle belle gomitate. Ma è calcio, non canasta.
Il fatto che sia essenziale tirare nella porta avversaria per vincere, pare l’abbia capito soltanto Montolivo. Io, come sai, non ne capisco una cippa di calcio, ma a me è sembrato il migliore in campo. O perlomeno, l’unico che ci prova.
I due telecronisti mi dicono che siamo superiori, e che la nostra supremazia in campo è evidente.
Non voglio insegnare lo italiano a niissuno, però dalle mie parti il concetto di “supremazia” si applica in un altro modo. Tu fai sette goal e l’altro uno, è supremazia. Tutto il resto è farsi le pippette passandosi il pallone.
Bisogna tirare in porta. Pare sia l’unico modo per vincere in questo particolare tipo di sport.
Al 28esimo, un neozelando si attacca alla maglietta di De Rossi e la allarga di quattro taglie. Rigore. Lo batte Iaquinta.
L’arbitro ha i cazzi suoi. Non sopporta l’erba ad altezze irregolari. Allora prende una motofalciatrice e pareggia l’erbetta dell’area. Ci vuole un po’. Iaquinta aspetta.
Poi l’arbitro è soddisfatto. Fischia.
Iaquinta fa goal.
Tornando al discorso dei due telecronisti. Ecco. Per me, supremazia, significa che un goal su rigore non è essenziale per vincere. Pensa te come uso male l’italiano.
Mentre quattro medium di Bresso inseguono Gilardino cercando di convincerlo ad andare verso la luce, finisce il primo tempo.
Sorvolo su quello che succede durante l’intervallo.
Non sono più abituato a vedere la televisione generalista. Vado in bagno.
Inizia il secondo tempo. Via Pepe e Gilardino (E’ passato oltre grazie a Jennifer Love Hewitt, la Ghost Whisperer) e dentro Camoranesi e Di Natale.
Dopo ottocentoottantasette calci d’angolo, via Marchisio e dentro Pazzini.
Il secondo tempo mette a dura prova la mia soglia di attenzione.
Mentre la palla gira senza meta, mi ritrovo a pensare a quale sarebbe l’ordine migliore per archiviare i fumetti della mia libreria. Alfabetico per autore? A zone? Per editore? Per personaggio?
Intanto che ci penso Montolivo tira un paio di mine, ma il portiere neozelando è uno che sa il fatto suo.
Mi suona il cellulare. E’ Smeltz.
- Ciao sono Smeltz!
- Chi cazzo ti ha dato il mio numero?
- Gilardino, durante una seduta spiritica…
- Si vabbè, che cosa vuoi? Stai pure giocando!
- Sissì, però volevo farti notare una cosa.
- Dimmi!
- Dato che segui il calcio solo da un anno, volevo metterti al corrente di un fatto. Guarda che se i tuoi non riescono a fare goal nemmeno con le palle inattive, tipo i calci d’angolo o le punizioni, siete davvero nella merda! AHAHAHAHA!
E mi mette giù con un gran pernacchione.
Lo stesso pernacchione delle vuvuzelas che sovrastano il fischio che chiude la partita.
Ora siamo costretti a vincere. Dice uno dei telecronisti.
Ma va là, in un competizione sportiva vincere è opzionale. Tanto, per quel poco che vale il calcio in Italia, per quel poco che costa, e per quel poco che incide sulla nostra nazione, partecipare ai mondiali è già una soddisfazione, no?
Per fortuna siamo forti nel Curling!